Incontro in Seminario in vista della ripresa dopo la pandemia
Il titolo del recente incontro, promosso dall’Assessorato del Lavoro della Regione e svoltosi nell’Aula Magna del Seminario arcivescovile, «RiprendiAMOci il Lavoro», ha evocato in termini suggestivi l’esigenza sempre più pressante di anteporre un sentimento profondo alle politiche di tutela, promozione e rilancio del lavoro.
Ancor più quando questo avviene nell’imminenza di una ripresa, o presunta tale, dopo una pandemia planetaria dagli esiti tuttora incerti. Di certo c’è il dramma di migliaia di lavoratori, famiglie, donne e uomini che il lavoro, se mai l’hanno avuto, non lo posseggono più o faticano a mantenerlo.
In questi mesi si è discusso intensamente di crisi produttiva, precarietà economica e difficoltà strutturali, rese più croniche dall’emergenza sanitaria, ipotizzando di volta in volta soluzioni tampone, senza una visione prospettica di lunga durata, considerato che peggio della crisi sarebbero stati gli effetti differiti.
Non solo, tutti i ragionamenti ai vari livelli spesso risentivano di un difetto comune ovvero prescindere dall’elemento valoriale centrale: la persona.
L’emergenza sanitaria ha messo in luce la fragilità di un sistema fondato su profitto e efficienza, preoccupato di analizzare i trend dei settori economici e produttivi, dimenticando che crisi del lavoro significa crisi della persona e che piuttosto che parlare di crisi del lavoro occorre attuare il lavoro della crisi, ovvero trasformare questa in opportunità, come esortato da papa Francesco, per non sprecarla e ri-orientare gli orientamenti.
Molto opportunamente il nostro arcivescovo, Giuseppe Baturi, aprendo l’incontro ha affermato: «Ciò che io non mi auguro è il ritorno alla vita di prima, al sistema di prima, di cui semmai l’emergenza ha evidenziato storture, diseguaglianze, differenze di accesso alle condizioni di vita… Mi auguro piuttosto la costruzione di un nuovo futuro, di una nuova possibilità, più giusta, più centrata sulla dignità della persona».
Occorre che dai compartimenti stagni delle varie stanze di discussioni, analisi, documenti e piani di ripresa, si passi all’agorà di un sistema sociale reale, di una vera e propria alleanza – qualcuno l’ha perfino definita «santa» alleanza – non tanto per il lavoro, ma per la persona, tutta la persona, tutte le persone.
Questo significa individuare, oltre le emergenze indicate dall’Arcivescovo – lavoro, educazione, reti comunitarie – le dimensioni concrete di vita che rivelano criticità e producono isolamento e depressione, per intervenire sulle cause e ribaltarne gli effetti.
Si deve ripartire dai giovani e dalle donne, avendo a mente che la vera emergenza è quella esistenziale, che porta a disconoscere e disprezzare la propria individualità – sono aumentati i fenomeni di autolesionismo, tentativi di suicidi, bullismo – per giungere fino al deprezzamento dei luoghi comuni di incontro, di condivisione e di crescita comunitaria – si pensi agli atti di vandalismo e al luridume di piazze e strade della movida.
È urgente un’intesa, un patto straordinario che, a partire dalla persona e dalle proprie peculiarità, diffonda, come onde concentriche, politiche correlate e coordinate orientate a dare risposte non alle singole questioni, ma alla globalità dei bisogni.
Senza la persona mancano gli attori di un copione forse scritto fin troppo bene, ma impossibile da mettere in scena.
L’unica vera ripresa è riprendere ad avere a cuore.
Ignazio Boi
Direttore Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Cagliari
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