Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Da questo numero sarà il docente della Facoltà teologica Matteo Vinti a commentare il Vangelo domenicale. Un grazie a don Franco Puddu per il servizio assicurato nelle ultime settimane.
Commento a cura di Matteo Vinti
Ogni anno la sapienza della Chiesa fa iniziare il cammino delle domeniche quaresimali col brano delle tentazioni. Quest’anno si ascolta la versione di Marco, la più breve. Ma alla rapida scena del deserto la liturgia accosta pure il passo immediatamente seguente: l’inizio della predicazione di Gesù. Che rapporto c’è tra le due scene? Si tratta semplicemente di passi evangelici successivi, o c’è fra loro una relazione e un insegnamento?
Torniamo alla scena delle tentazioni. Qui in Marco non sono descritte, come in Matteo o in Luca, tre tentazioni. Satana non fa sentire la sua voce, suggerendo a Gesù di chiedere pane, o promettendo regni e ricchezze. No, c’è appena una didascalia, un titolo: «e subito lo Spirito lo getta nel deserto ed era nel deserto quaranta giorni, messo alla prova da Satana, ed era con le bestie e gli angeli lo servivano». Marco non sa, non racconta, non è interessato al dettaglio di come Satana lo metta alla prova; forse come faranno i farisei (saranno sempre loro a ‘mettere alla prova’ Gesù nelle altre tre occasioni in cui il vangelo di Marco userà di nuovo il verbo «peirázō»). Sembra che a Marco interessi invece il deserto: è questo che vuole Dio innanzitutto, è lo Spirito a gettare («ekbállei», lo scaglia strappandolo da dov’era, dice il testo greco) Gesù nel deserto. Lo Spirito ha bisogno, per dir così, che Gesù faccia quest’esperienza. Perché?
Quaranta giorni nel deserto. Quante volte l’avremo sentito? Israele vaga quarant’anni nel deserto dopo l’uscita dall’Egitto, sotto molte prove, prima di entrare a Canaan. Mosè attende quaranta giorni nel deserto, sul monte Sinai, prima che Jahwe gli riveli la Legge, le dieci parole. Il profeta Elia cammina quaranta giorni di deserto, servito da un angelo, in direzione dell’Oreb, dove Dio gli parlerà in una caverna.
E dunque? Il deserto, le prove di Satana, la compagnia delle bestie, il servizio degli angeli: tutto questo è in funzione della rivelazione di Dio. Nel deserto, Gesù prende coscienza compiutamente di suo Padre e della propria missione. Lo Spirito lo attira nel deserto, come la sposa del Cantico, perché Gesù conosca intimamente e profondamente la compagnia cordiale e la volontà di suo Padre.
Solo ora, e dopo l’arresto di Giovanni, che ha concluso il suo servizio, «Gesù andò in Galilea annunciando la buona notizia di Dio e dicendo: il tempo si è riempito ed è giunta vicina la signoria di Dio: cambiate la vostra mente e credete alla buona notizia». Cos’ha scoperto Gesù nel deserto? Ha scoperto la buona notizia: che è arrivata alla sua maturazione l’occasione opportuna (il «kairós», che indica non tanto il «tempo» che trascorre, quanto appunto il «momento favorevole, adatto»), che finalmente Dio fa vedere come lui regna, com’è che si dimostra signore del cosmo e della storia. Ma per vederlo bisogna «cambiare la propria mente» («metanoeîte»), convertirsi: non tanto limare i propri peccati o stare attaccati ai propri (anche devoti) pensieri, bensì fidarsi di questa buona notizia, dello spettacolo con cui Dio vuole salvare la nostra vita.
D’ora in poi il Vangelo, il modo di regnare di Dio, sarà vicino nel guarire, nell’insegnare, nel dibattere, nel commuoversi, nell’adirarsi, nel pregare di Gesù, nel suo radunare in unità i dispersi di Israele e nel ricostituire il popolo di Dio. Ora c’è il regno che deve riempire e fare nuova la mentalità di chi vi assiste.
Ecco cosa la Chiesa ci propone per la nostra Quaresima: l’intimità col Padre, la conoscenza amorosa di lui, la buona notizia che il suo regno è qui vicino, è già presente in Gesù. Ecco la «conversione» della Quaresima: cambiamo mentalità e prendiamo coscienza di questa presenza, della compagnia di Dio anche (o soprattutto) nella solitudine dei nostri deserti, della gioia di questa scoperta e della fraternità che nasce dal testimoniarla.
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