Lo certifica il rapporto Caritas italiana sui dati dei centri d’ascolto
Un’Italia sempre più povera. È quella fotografata dal rapporto della Caritas Italiana, presentato, come da tradizione, lunedì scorso, Giornata mondiale di lotta all’indigenza.
Il 2021 è stato l’anno nero dell’Italia nascosta, di che non ce la fa, della gente che convive con la povertà quotidiana ai massimi storici e nemmeno la metà ha avuto il reddito di cittadinanza.
I dati sono impietosi: 1 milione 960mila famiglie in povertà assoluta, pari a 5.571.000 persone che sono il 9,4% della popolazione residente. L’incidenza maggiore nel Mezzogiorno (10%) mentre scende significativamente nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%).
Se si nasce in una famiglia povera, occorrono 5 generazioni per salire la scala sociale, la media Ocse è di 4,5 anni: è la «povertà intergenerazionale» o «ereditaria», quella che impedisce ai giovani di riscattarsi da situazioni sociali difficili. Sei assistiti Caritas su 10 risultano «poveri intergenerazionali».
Tra i beneficiari Caritas i casi di povertà intergenerazionale pesano per il 59,0%, nelle Isole e nel Centro il dato risulta ancora più marcato (rispettivamente 65,9% e 64,4%).
Più del 70% dei padri degli assistiti Caritas risulta occupato in professioni a bassa specializzazione.
Per le madri è invece elevatissima l’incidenza delle casalinghe (il 63,8%), mentre tra le occupate prevalgono le basse qualifiche.
Un figlio su cinque ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri e il 42,8% ha invece sperimentato una «mobilità discendente».
Tra i nati da genitori senza alcun titolo, quasi 1 su 3 si è fermato alla sola licenza elementare.
Tra i 5,6 milioni di poveri assoluti in Italia 1,4 milioni bambini, l’Italia risulta anche l’ultima tra i Paesi industrializzati per mobilità sociale ed educativa: solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore ottiene un diploma universitario (la media Ocse è del 22%).
Al contrario, la percentuale sale al 65% per i figli dei laureati (dati Ocse).
Per i nati in famiglie poste in fondo alla scala sociale diminuiscono le opportunità di salirne i gradini: il 28,9% resterà nella stessa posizione sociale dei genitori.
L’Italia ha in Europa anche il triste primato dei «Neet»: 3 milioni di giovani tra i 15 e i 34 anni non studiano né lavorano.
Nel 2021 sono stati erogati quasi 1 milione e mezzo di interventi di aiuto da 192 Caritas diocesane.
Almeno 227.556 sono state persone supportate dai soli servizi Caritas in rete presenti in 192 diocesi. Rispetto al 2020 c’è un incremento del 7,7% di nuovi beneficiari, soprattutto stranieri.
Non sempre sono nuovi poveri ma persone che entrano ed escono da una situazione di bisogno.
Chiedono aiuto sia uomini (50,9%), sia donne (49,1%): se nel Nord e Centro Italia, al Sud e nelle Isole prevalgono gli italiani (68,3% e 74,2%).
Da una indagine condotta in 10 Paesi europei, in collaborazione con «Caritas Europa» e «Don Bosco international», il futuro lavorativo e formativo dei giovani in difficoltà risulta incerto: per almeno quattro studenti su cinque la pandemia ha influito negativamente sulla pianificazione del loro futuro.
Dati, secondo il cardinale Matteo Zuppi, Presidente della Cei, che preoccupano e richiedono a tutti quanti di fare qualche cosa, perché educare «non è soltanto aiutare i giovani a non essere esclusi dalla scuola – ha affermato il cardinale – ma occorre investire sulla persona, sulla rete di educazione, per rafforzare quell’anello sempre debole e riavviare l’ascensore sociale che oggi è fermo».
Roberto Comparetti
© Copyright Il Portico