Ne ebbe compassione tese la mano e lo toccò

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!».

E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.

E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

(Mc 1, 40-45)

Commento a cura di Emanuele Mameli

Ancora oggi, tra le tante conseguenze che il peccato ha portato e continua a portare con sé, possiamo annoverare le discriminazioni di persone, le lacerazioni all’interno della comunità e il rifiuto di chi è segnato dalla fragilità, in ogni sua espressione.

Anche presso il popolo biblico nei confronti della malattia della lebbra, la normativa a riguardo era fortemente discriminatoria, perché intimamente legata al peccato: chi era malato di lebbra era impuro, morto vivente, punito da Dio e per questo relegato ai margini della vita sociale senza nessun contatto con le altre persone della comunità.

Tutto questo viene scardinato da Gesù che non solo si lascia avvicinare da un lebbroso e parla con lui ma, soprattutto, con la stessa mano che domenica scorsa abbiamo contemplato sollevare e guarire la suocera di Simone ammalata, tocca il lebbroso e con questo suo gesto lo purifica. 

«Ne ebbe compassione».

È Dio stesso che, in Gesù, si commuove dinnanzi alla storia e alla sofferenza di ogni uomo, nel concreto del suo tormento e della sua «lebbra»; compassione cioè soffrire con, a tal punto che anche fisicamente ci si sente raggiunti da un pugno allo stomaco, che costringe a non rimanere indifferenti, a fare propri il dolore e la sofferenza dell’altro. 

Gesù percepisce nella richiesta insistente del lebbroso, «Se tu lo vuoi, puoi guarirmi», tutta la forza e la profondità della fede.

Al di là e al di sopra di ogni legge umana, Gesù offre la salvezza, consegna la guarigione, apre la strada per una nuova vita.

«Se tu lo vuoi, puoi guarirmi!».

Chissà quante volte anche noi abbiamo rivolto questa preghiera al Signore, magari per qualcuno che ci ha chiesto di farla per lui oppure quando noi stessi ci siamo trovati faccia a faccia con la sofferenza, la malattia o con il senso di delusione. 

«Puoi guarirmi».

Un’invocazione che si fa professione di fede, quando noi stessi abbiamo sperimentato tutta la negatività e le pesanti conseguenze del peccato che, come una lebbra, distrugge il cuore e la sua capacità di amare, di accogliere, di donare.

La fede è proprio abbandonarsi a questo «se vuoi puoi». 

La fede è la certezza che in quello che il Signore vuole e può per noi, c’è tutta la nostra salvezza, tutta la nostra gioia.

Alcune volte ci siamo sentiti rispondere subito: «Lo voglio, guarisci!» e la pace ha preso nuovamente ad abitare nella nostra vita; altre volte questa risposta si è fatta attendere, e il silenzio di Dio si è fatto pesante, impossibile da sopportare, irragionevole e senza spiegazione. 

Eppure, e questa è la nostra fede, la risposta arriva. Alcune volte non come né quando volevamo o pensavamo noi; altre volte con quella novità che appartiene a Dio solo e altre volte ancora trasformando, come solo Dio sa fare, il male, la sofferenza, e la fatica in possibilità di crescita, di ritrovata fiducia, di bene.

Il dono della salvezza ricevuta e sperimentata personalmente, nelle diverse forme in cui essa si manifesta nella nostra vita, non è un dono da custodire gelosamente, ma da annunciare. 

Per il lebbroso del Vangelo l’incontro con Gesù e ciò che è successo nella sua vita era talmente importante e stravolgente, da non riuscire a tenerlo per sé, nonostante il divieto di Gesù. 

L’amore accogliente, gratuito, che si fa vicino a chi da tutti è allontanato, continua ad essere la testimonianza più vera e più bella che il mondo attende da noi, discepoli di Cristo, a nostra volta guariti e perdonati.

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