VI Domenica di Pasqua (Anno B)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando.
Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.
Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Commento a cura di Davide Meloni
Non solo Dio ama ma «Dio è amore», come ci ricorda la seconda lettura di questa VI domenica di Pasqua.
Colui che ci ha messo al mondo, che ci fa in ogni istante, che cammina accanto a noi tutti i giorni, che ci aspetta alla fine è solo amore. Amore infinito, amore che ci perdona e ci ricrea.
Come può questa buona notizia essere non solo un’espressione suggestiva ma raggiungere la radice della nostra vita, cambiandola in profondità?
Solo se questo Dio diventa un volto in cui potersi imbattere, qualcuno che ci chiama per nome e ci offre la sua amicizia.
E infatti la parola amore nella liturgia di oggi è associata alla parola amicizia: «Vi ho chiamato amici»; «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici».
Finché non si arriva a capire che Cristo ci chiama all’amicizia con sé non si è ancora varcata la soglia del cristianesimo.
Purtroppo tanti cristiani sono stati abituati a considerarsi servi, vedendo in Dio un giusto padrone che è benevolo verso gli esseri umani solo nella misura in cui si mostrano servitori obbedienti e ossequiosi.
Dentro un’esperienza quotidiana di amicizia con Cristo facciamo invece esperienza del fatto che Dio è amore.
Questo amore e questa amicizia diventano così la nostra identità più vera.
Ciò che ci definisce non sono più le nostre qualità morali o i risultati che riusciamo ad ottenere, e neanche i nostri errori o fallimenti.
Ciò che ci definisce è Dio che ci chiama per nome e ci dice: «Non lasciarti andare, sei prezioso. Io ti ho scelto e sono con te».
Comprendere la nostra vita nel segno di questa scelta significa che ciascuno di noi non è senza un nome, senza una storia, senza un destino.
L’amicizia con Cristo, che ci fa scoprire la profondità dell’amore di Dio per noi, porta con sé un nuovo modo di vivere le relazioni tra di noi: «Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi».
Abbiamo il compito di far sì che la Chiesa, a partire dalle nostre comunità particolari, diventi sempre di più un luogo di fraternità, quasi un anticipo di paradiso.
Il nostro contributo alla felicità del mondo consiste allora innanzitutto nel realizzare luoghi di fraternità.
La Chiesa è come un faro, una luce, che rende visibile una possibilità di vita nuova per il mondo.
Ecco perché, a partire dalla consapevolezza della vita nuova che Cristo ci dona, dovremmo avere il coraggio di andare verso tutti, di portare a tutti il vangelo, con una preferenza verso coloro che sono lontani.
Proprio come fa San Pietro con il centurione Cornelio nella lettura degli Atti degli Apostoli che la Chiesa ci propone nella liturgia di questa domenica.
L’opera di Dio è che, attraverso Cristo, tutti gli uomini partecipino a questa amicizia che lui ha portato nelle nostre vite.
Ecco perché sempre di più dobbiamo imparare una passione per il mondo che ci spinga a non vivere più per noi stessi ma a concepire la vita come un’offerta a Cristo, perché tutti lo possano conoscere.
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