Il viaggio di Monsignor Baturi in Siria
Non siete soli, siete parte della nostra storia.
Si è conclusa domenica scorsa la visita dell’arcivescovo, Giuseppe Baturi, in Siria, in qualità di Segretario generale della Conferenza episcopale italiana.
Una settimana per testimoniare la vicinanza della Chiesa italiana alla popolazione siriana, stremata da anni di guerra e provata ora dal terribile sisma dello scorso 6 febbraio.
«La nostra presenza – ha detto monsignor Baturi in conferenza stampa – è stata una testimonianza di vicinanza ai nostri fratelli siriani: “non siete soli, siete parte della nostra storia e della nostra fede”».
Oltre agli aiuti occorre far sentire al popolo siriano che sono parte del respiro della Chiesa universale.
«L’Italia – ha ricordato l’Arcivescovo – ha una tradizione tale che può permettersi di fare questo con efficacia».
Il viaggio è servito per ribadire la solidarietà della Chiesa in Italia alla popolazione e per comprendere come aumentare l’efficacia degli aiuti offerti attraverso i progetti finanziati con i fondi dell’8xmille presenti sul territorio.
«In questi giorni – ha evidenziato Baturi – abbiamo parlato con tutti i vescovi cattolici, con quelli ortodossi e con i rappresentanti delle altre denominazioni cristiane e abbiamo visto come la comunità cristiana si stia facendo carico, nonostante il numero ridotto dei propri membri, della grave situazione complessiva».
Sono tanti gli interventi portati avanti dalla Chiesa italiana nel Paese mediorientale, come i programmi educativi, quelli di contrasto alla povertà e alla disoccupazione.
Con il terremoto sono stati avviati poi i progetti di monitoraggio delle case per il reinserimento progressivo di quanti sono stati costretti ad abbandonarle a causa del sisma.
In questo contesto, secondo monsignor Baturi, il contributo della Chiesa italiana alla ricostruzione può essere di due tipi: «innanzitutto l’aiuto economico e finanziario necessario a sostenere i tanti progetti attivi, tra i quali quello nel campo sanitario, promosso dal cardinal Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, denominato “Ospedali aperti”, gestito sul campo dalla Fondazione Avsi, che si propone di curare gratuitamente i siriani più poveri e vulnerabili in tre nosocomi cattolici, due a Damasco e uno ad Aleppo e in 5 dispensari».
C’è poi il sostegno ai programmi di formazione al lavoro e di istruzione portati avanti dall’Associazione Pro Terra Sancta (Ats), che lavora di concerto con la Custodia di Terra Santa.
Uno dei progetti Ats, denominato «Un nome e un futuro» offre cura e protezione a tutti i bambini orfani ed abbandonati di Aleppo, soprattutto là dove questi piccoli siano nati da episodi di violenza sessuale, frequenti durante l’occupazione dello Stato Islamico.
Ci sono poi gli interventi di accoglienza dei terremotati, a cura dei francescani e dei salesiani che provvedono ogni giorno a fornire migliaia di pasti.
«Vogliamo essere vicini a tutte queste realtà – ha detto ancora l’Arcivescovo – con i fondi dell’8×1000 e con quanto riusciremo a raccogliere nella Colletta promossa dalla Cei per il 26 marzo prossimo».
Dagli incontri avuti con l’episcopato siriano sono emerse le preoccupazioni legate alle sanzioni economiche e al rischio di «spopolamento cristiano» del Paese, con tanti fedeli che hanno lasciato la Siria dopo gli anni di guerra.
Una scelta che ha di fatto impoverito le comunità cristiane locali, le cui attività sono ferme.
Non siete soli, siete parte della nostra storia.
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