La celebrazione di ringraziamento a fine anno in Cattedrale
Percepire i segni della bontà del Signore.
«La presa d’atto che è passato un altro anno, è legato, nella liturgia della Chiesa, al canto del Te Deum, che esprime la nostra preghiera di gratitudine e di supplica al Dio, Signore della storia».
È un passaggio dell’omelia pronunciata dall’Arcivescovo nel corso della Messa di ringraziamento da lui presieduta, l’ultimo giorno dell’anno in Cattedrale.
«Contiamo la nostra vita per riconoscere la nostra nativa e strutturale fragilità. Siamo nati e moriremo, ciò vuol dire che sono fuori di noi l’origine e il destino dell’esistenza: il “da dove veniamo” e il “dove andiamo”».
«L’acuto sentimento della nostra insuperabile, nell’attuale economica, finitudine non ci deprime ma ci apre alla certezza di essere creature di un Dio buono e grande, Signore del tempo e della storia, l’Eterno da cui proveniamo e al quale siamo orientati».
L’Arcivescovo ha poi proseguito la sua omelia soffermandosi sul significato insito nel contare il tempo.
«Serve – ha sottolineato Baturi – a percepire i segni della bontà di Dio, per imparare a far grata memoria. Fin dalla prima pagina della Bibbia i giorni sono contati per indicare l’opera di Dio».
I giorni sono pertanto contati «per poter individuare, nella scansione della vita, la bontà divina: “Dio vice che era cosa buona”. Il cuore saggio è un cuore che sa vedere e raccontare la bontà di Dio che crea cose buone lungo il cammino della vita».
Non sono mancati poi, da parte di monsignor Baturi, dei riferimenti ai tempi difficili che stiamo vivendo.
«Ciascuno sa ben elencarli: morti e sofferenze e guerre, incomprensioni e delusioni. Tutto questo è la materia prima della grande virtù che il cuore cristiano sa vivere, contro ogni possibile evidenza: la speranza. Sentiamo la nostra esistenza presa nella trappola della caducità e della cattiveria, ma soprattutto la sentiamo protesa verso la liberazione».
Monsignor Baturi, a conclusione della sua omelia, ha invitati tutti a ricordare che «siamo chiamati a essere saggi, come Maria, che “custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. Ella custodiva la notizia quotidiana di Gesù, per farne memoria e attesa, gratitudine e speranza. Il tempo di Maria è sempre tempo di memoria, di attesa, di sequela. Cammina seguendo l’opera di Dio nel Figlio suo, avendo viva memoria della promessa ricevuta, nell’attesa del compimento delle parole divine».
Andrea Pala
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