Un piccolo spiraglio. I dati del rapporto su «Povertà ed esclusione sociale in Sardegna 2017», presentati dalla Caritas regionale in Consiglio regionale, certificano che anche la Sardegna sembra uscire dal tunnel della crisi. «Il rapporto – afferma Raffaele Callia, direttore della Caritas di Iglesias e responsabile del Servizio Studi e Ricerche della Caritas regionale – ha tre elementi di carattere ecclesiale. Il primo è che i dati sono stati presentati a pochi giorni dalla celebrazione della Giornata mondiale del povero, proprio per rispondere concretamente anche alla sollecitazione del Papa nel farci carico dei poveri in maniera concreta. Il secondo elemento è la Settimana sociale, celebrata di recente, dalla quale sono emersi i chiaroscuri del nostro Paese, i segnali dell’uscita dalla crisi, che tra l’altro registriamo anche nel nostro rapporto. Il terzo elemento è il Sinodo dei vescovi del prossimo anno che guarda ai giovani: dal rapporto emerge che negli ultimi dieci anni sono stati soprattutto i giovani a pagare per la crisi»
Dai dati del report si inizia a intravvedere qualche timido segnale di uscita dalla crisi. «I numeri sulla povertà relativa – riprende Callia – ci confermano un incremento molto lieve, parliamo di un punto percentuale e quindi di riflessi molto piccoli quasi impercettibili sulla vita delle persone».
Lo studio è il frutto di quanto viene raccolto attraverso i Centri di ascolto sparsi nel territorio regionale in tutte le dieci diocesi sarde. «Le informazioni che ci vengono fornite – prosegue il responsabile – ci permettono di tracciare il profilo delle persone, i bisogni rilevati, le richieste fatte agli operatori e gli interventi da mettere in campo. Attraverso questi elementi è possibile avere, da almeno dodici anni, i dati sulle povertà in Sardegna».
Gli indicatori principali segnalano un calo nel numero di persone ascoltate nei centri, un fatto straordinario. «Il numero delle persone che chiedono aiuto – riprende Callia – non cresce ma anzi diminuisce, contraddicendo anche quanto noi stessi avevamo previsto lo scorso anno. Parliamo di un meno 2,2 per cento, un dato molto basso ma indicativo. Quanto al profilo si tratta di persone relativamente giovani, età media 46-47 anni, anche se uno ogni cinque ha tra i 15 e i 34 anni. Riguarda sia maschi che femmine, e l’81 per cento degli ascolti ha un titolo di studio medio-basso, o basso. In questi dieci anni ha superato meglio la crisi chi ha aveva un titolo di studio alto».
I bisogni sono quelli oramai storici: quelli legati alla sfera economica, persone senza reddito o insufficiente a coprire i bisogni essenziali, senza lavoro o precario, con problemi familiari, quasi sempre legati alle separazioni.
Quanto alle richieste dai Centri d’ascolto anche nel 2016 sono giunte domande di beni e servizi materiali, come i viveri, sia confezionati che servizio mensa, sussidi economici per il pagamento di bollette e tasse, per l’acquisto di farmaci e per le cure mediche specialistiche. Non sono mancate le richieste di lavoro pur non essendo quelli Caritas centri nei quali si possa rispondere a bisogni occupazionali.
«Gli interventi – prosegue ancora il curatore del rapporto – sono specularmente orientati alle richieste, anche se a volte non sempre coincidono. Vengono erogate piccole somme necessarie a pagare spese correnti. È interessante però segnalare che la Chiesa negli ultimi anni ha visto incrementare gli interventi sul Micro-credito e sul Prestito della speranza. In particolare per quest’ultimo strumento la Sardegna registra numeri importanti, sia per le famiglie sia per le piccole imprese, specie per le start up».
Un capitolo importante è rappresentato dai dati sui giovani. «Lo scorso anno – conclude Callia – ci siamo concentrati sui cosiddetti Neet, giovani che non studiano né lavorano. Sono loro che rischiano di pagare maggiormente il costo della crisi. Il mercato del lavoro bloccato non permette ai giovani di entrare mentre il tasso dei Neet in Sardegna è più alto rispetto a quello nazionale. C’è poi tutto il tema dell’abbandono scolastico: se si vuol superare la crisi occorre combattere la povertà educativa. I segnali incoraggianti non è detto che certifichino che la crisi sia superata, per cui occorre ancora molto impegno».
Dal rapporto infine l’indicazione per una piena applicazione del Reddito di inclusione sociale e per l’Osservatorio regionale sulle povertà non ancora operativo.
Roberto Comparetti
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