Proteste e rincari: danni all’economia dell’Isola

Dalle manifestazione degli autotrasportatori alle esigenze delle aziende

«Siamo vicini ai trasportatori sardi, che stanno subendo un ingiustificato e inflazionistico aumento del carburante in Italia, ma non consideriamo adeguato il metodo adottato per manifestare l’urgente necessità di un intervento del Governo, perché, di fatto, ha fermato la logistica in Sardegna, procurando ingenti danni economici».

Non sono parole di un capo popolo in vena di strumentalizzare la legittima protesta degli autotrasportatori, ma sono frasi pronunciate da «Assospedizionieri Sardegna», che in una nota stigmatizza la scelta del blocco di sei giorni dei porti e delle consegne da e per l’Isola.

Ciascuno di noi ha sperimentato e sperimenta ancora le conseguenze di una scelta dettata dalla rabbia e non dalla ragionevolezza.

Le motivazioni alla base del fermo dell’autotrasporto sono più che condivisibili: non si può accettare l’incremento repentino, e decisamente ingiustificato, del prezzo dei carburanti, ma allo stesso tempo non si possono far perdere 15 milioni di euro di fatturato alle imprese agricole isolane e altre decine di migliaia di euro ad una azienda regionale, leader nella mitilicoltura.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: tonnellate di prodotti agricoli mandati al macero, così come tonnellate di cozze e arselle, oramai invendibili, da smaltire.

Ci sono poi gli agricoltori del Medio Campidano, da Villasor a Samassi, passando per Serramanna, che non sanno come far quadrare i conti della propria azienda, visto che il lavoro, di una già difficile stagione del carciofo, è di fatto compromesso.

Non diversa la sorte dei pastori, i quali fanno fatica ad andare avanti per il caro materie prime che, unito ai rincari dei carburanti, spingono centinaia di aziende verso la chiusura.

Il Governo ha provato a trovare una soluzione tagliando le accise fino a fine aprile ma ha scontentato tutti: Assopetroli, Confindustria e l’Associazione dei titolari di pompe di carburanti, perché quel taglio non inciderebbe efficacemente sul prezzo e penalizzerebbe proprio i titolari dei distributori.

Proteste e rincari. A questo punto bisognerebbe capire a chi chiedere conto degli aumenti ingiustificati, visto che politica e imprese sembrano rimbalzarsi reciprocamente le responsabilità.


Proteste e rincari. Qualcuno vigila sui prezzi, oppure stiamo rivivendo gli anni del passaggio dalla lira all’euro, quando speculazione e mancato controllo hanno raddoppiato i prezzi, lasciando fermi gli stipendi?

Gli economisti sono piuttosto scettici e confermano che l’incremento dei prezzi di carburanti e materie prime sarà, purtroppo, una costante anche dopo l’eventuale, e speriamo rapida, fine del conflitto tra Russia Ucraina.

Nel frattempo ci sono però aziende alle prese con conti da far quadrare e famiglie che fanno sempre più fatica a mantenere uno stile di vita decoroso.

Il cardinal Bagnasco, aprendo i lavori del Consiglio permanente della Cei, ha parlato di responsabilità e solidarietà quali risposte sollecitate dai Vescovi, per parare i contraccolpi della pandemia e le angosce provocate dalla guerra «Non è il tempo per effimere scorciatoie – ha detto – bisogna rifuggire la tentazione di strumentalizzare il disagio per interessi ideologici e occorre invece adoperarsi per ricucire e pacificare il tessuto delle relazioni umane e civili, con un’attenzione speciale per i più piccoli e i più fragili».

Roberto Comparetti

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