Rallegratevi ed esultate, grande è la ricompensa nei cieli Solennità di Ognisanti (Anno A)

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

(Mt 5,1-12a)

Commento a cura di Rita Lai

La liturgia di Tutti i Santi, che interrompe oggi il ciclo delle letture domenicali, ci fa respirare al ritmo entusiasmante delle Beatitudini.

Il Discorso della Montagna sembra il più adatto per rappresentare insieme la Chiesa pellegrinante e quella regnante, come si diceva tradizionalmente. 

La montagna, luogo biblico di rivelazione per eccellenza, dà alle parole pronunciate da Gesù un tono solenne e suggestivo.

Notiamo come una serie di linee immaginarie che segnano la distanza più o meno ravvicinata di chi ascolta: Gesù è sul monte, in posizione ideale per essere ascoltato, poi c’è una prima linea che divide cielo e terra (il monte su cui Gesù sale), un’altra che distingue folla e discepoli vicini a Lui.

C’è una parola per tutti (beati quelli che sono) e una parola per i vicini (beati voi).

La struttura delle beatitudini matteane, 8 +1, può essere individuata in due parti, ciascuna costituita da quattro beatitudini in terza persona, più l’ultima che è in seconda persona.

La prima parte (Mt 5, 3-6) racconta un fatto  nuovo: descrive coloro che sono dalla parte di Dio.

Il regno di Dio appartiene ai “poveri in spirito” e oltre loro, chi ha la “beatitudine” sono gli afflitti, i miti, gli affamati e assetati di giustizia.

Questo non è un elenco di virtù necessarie per entrare nel Regno: si parla spesso delle Beatitudini in versione giuridica o come norme etiche. L’accento posto dal testo è sull’estrema povertà e disperazione di questi miseri: sono sofferenti, non hanno di che difendersi, affamati e assetati di giustizia, tagliati fuori dai beni essenziali.

A questi, che non hanno più nulla da sperare, Gesù annuncia la venuta del Regno: Dio regna per loro, per questo sono chiamati “felici” (o) “coloro a cui si deve onore”, secondo una certa accezione di “beati” (greco: makàrioi).

La prima strofa ci presenta dunque un Dio che nel suo regnare rovescia le situazioni apparentemente irreversibili, rendendo “beati” i più miseri della terra. Ma come avviene questo?

La seconda strofa (Mt 5, 7-10) ci presenta il “come”: Dio si mette dalla loro parte e rovescia le sorti.

Qui è davvero riportato un elenco di caratteristiche necessarie per realizzare le beatitudini: occorre essere  misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, ossia essere come Dio, fare come Lui.

I discepoli sono avvisati di cosa comporta la venuta del Regno per tutti: ora possono scegliere, possono sapere che strada prendere. E sanno anche che questa strada li porterà ad essere beati, come i poveri coi quali si sono identificati e per cui hanno operato.

La stessa domanda viene rivolta a noi.

Tutti coloro che hanno fatto la scelta del Cristo sono i santi, come i primi cristiani chiamavano tutti i battezzati.

La beatitudine, dunque, non è in forza di una loro condizione privilegiata o di una supposta osservanza, ma nasce dal fatto che il Regno di Dio è per loro, l’unico loro Signore è Dio.

È dalla loro parte e questo si coglie in ciò che dice e fa Gesù.

Tutto questo vale per gli uomini di ogni tempo, anche per noi.

Ecco la vera novità: la debolezza e la fragilità non sono dimensioni di privilegio, ma condizione oggettiva in cui l’uomo si trova e che Dio trasforma in beatitudine perché lui sceglie di regnare su di loro, ossia di essere dalla loro parte.

Sempre un mondo al rovescio, in cui invece della logica della forza viene proposta quella dell’amore che tutto assume e perdona.

 

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