Lo scorso 6 luglio, circa tremila persone provenienti da tutta la Sardegna hanno scelto di scendere in piazza assieme ai rispettivi sindaci, ai sindacati e ai rappresentanti dell’Anci al fine di esprimere con vigore il proprio no alla riforma della sanità e al riordino della rete ospedaliera in discussione presso il Consiglio Regionale.
Considerando tale scenario, pare proficuo rimarcare ciò che la dottrina sociale della Chiesa intende esprimere in ordine a due aspetti basilari, vale a dire salute e sanità. Procedendo con ordine, il termine salute corrisponde alla condizione di benessere fisico, psichico e spirituale. Ossia, la salute è intesa come un’esperienza che non riguarda solamente la dimensione fisica dell’uomo ma concerne l’interezza somatica-spirituale della persona. Parimenti, il fenomeno opposto, ossia la malattia, rappresenta altresì una manifestazione che tocca integralmente l’essenza della condizione umana.
Con il termine sanità, invece, si esprime tutto ciò che riguarda la politica, la legislazione, la programmazione e l’organizzazione delle strutture sanitarie. Essa è considerata come un’attività di promozione umana finalizzata a realizzare sia il bene del singolo sia, contemporaneamente, il bene comune.
Vale a dire che le risorse devono necessariamente essere allocate equamente, affinché l’esperienza umana della malattia possa essere vissuta nella sua verità. L’attenzione alla salute e alla sanità da parte della Chiesa è fondata in base al suo diritto-dovere a essere presente nell’ordine sociale: rientra nell’ambito della sua missione nel mondo.
Ancora, un rilevante contributo della dottrina sociale della Chiesa riguardo ai temi della salute e della sanità ha trovato ampia sintesi nel motu proprio «Dolentium hominum» di san Giovanni Paolo II. In modo particolare, nel documento si evince che «l’assistenza sanitaria deve cogliere tutta l’essenza della condizione umana nel mondo. Pertanto tale assistenza non può prescindere dal considerare il soggetto del diritto alla salute come partecipante attivo». Inoltre, i cristiani «sono chiamati a intervenire per salvaguardare valori e diritti essenziali connessi con la dignità e il destino della persona umana».
Perciò, il diritto alla salute e all’assistenza sanitaria, fondate sul rispetto della dignità della persona umana, impongono una responsabilità da parte degli Stati affinché le risorse umane ed economiche vengano preservate non già con il parametro della produttività quanto piuttosto col criterio della sussidiarietà, ovverosia senza togliere alle persone il ruolo di soggetti principali dell’azione loro destinata.
Anche papa Francesco, lo scorso 10 febbraio, in occasione dell’incontro con la Commissione Carità e Salute della Cei ha voluto esprimere un accorato appello riguardo al tema in esame: «Non sia solo il denaro a orientare le scelte politiche e amministrative, chiamate a salvaguardare il diritto alla salute sancito dalla Costituzione italiana, né le scelte di chi gestisce i luoghi di cura». Il modello aziendale in ambito sanitario, se adottato in modo indiscriminato, invece di ottimizzare le risorse disponibili «rischia di produrre scarti umani. Ottimizzare le risorse significa – ha rimarcato ancora il Pontefice – utilizzarle in modo etico e solidale e non penalizzare i più fragili».
Quando la persona malata non viene messa al centro e considerata nella sua dignità «si ingenerano atteggiamenti – ha concluso papa Francesco – che possono portare addirittura a speculare sulle disgrazie altrui. E questo è molto grave! Occorre essere vigilanti, soprattutto quando i pazienti sono anziani con una salute fortemente compromessa, se sono affetti da patologie gravi e onerose per la loro cura o sono particolarmente difficili, come i malati psichiatrici».
Andrea Marcello – Economista
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