Sulla riorganizzazione della rete ospedaliera in Sardegna, la Giunta regionale è riuscita a creare un fronte unitario Comuni, sindacati, partiti d’opposizione e, a titolo personale, anche qualche consigliere della maggioranza di centrosinistra. I sindaci, in una riunione fatta all’inizio di questa settimana a Oristano, hanno chiesto a Giunta e Consiglio regionale un supplemento di analisi della riforma all’esame della competente Commissione consiliare.
Sono stati i sindacati confederali a mettere sul tavolo della politica e della protesta il problema della riorganizzazione della rete ospedaliera. Giovedì 6 luglio circa tremila lavoratori e pensionati sotto le insegne di Cgil, Cisl e Uil hanno sfilato per le strade di Cagliari – da piazza del Carmine al palazzo del Consiglio regionale in via Roma – per chiedere una radicale riforma del progetto della Giunta. Ignazio Ganga, segretario generale della Cisl sarda, lo ripete ormai da mesi: «Noi contestiamo la riforma perché è unilaterale e prefigura una sanità ispirata a un modello non sussidiario. Sembra generata essenzialmente da criteri di sostenibilità finanziaria e di contenimento della spesa pubblica e non di sostenibilità sociale. Così com’è rischia di prefigurare un complessivo arretramento dell’intervento pubblico soprattutto nelle periferie. Infine perché questo comportamento rischia di danneggiare seriamente la tenuta della coesione di interi territori».
«La riforma e i risparmi – dice Fulvia Murru (Uil Funzione pubblica) – non si fanno tagliando i servizi». Per Nino Cois (Cgil) «la realtà è che sui servizi territoriali non c’è nessuna proposta e la rete ospedaliera non può essere separata da quella dei territori».
Se possono sembrare molti 29 ospedali che in un’isola come la Sardegna agiscono in modo indipendente, è anche vero che la principale preoccupazione dei sindaci, soprattutto dei piccoli centri e delle zone interne, è sapere se i loro concittadini avranno le stesse garanzie e opportunità di tutela della salute dei residenti nelle grandi città.
Oggi questa serenità sanitaria non è uguale in tutti i 377 comuni dell’isola. Ecco perché la protesta sindacale ha avuto il sostegno quasi unanime dei sindaci. Soprattutto di quelli che rischiano di veder «degradato» o ridimensionato dalla riforma il loro attuale presidio sanitario. Isili, La Maddalena, Ozieri, Bosa hanno buoni motivi per accodarsi e sostenere la protesta sindacale. «Sul diritto alla sanità pubblica per tutti e in ogni angolo dell’isola – dice Emiliano Deiana, presidente dell’Anci Sardegna – non si tratta. I sindaci vogliono essere protagonisti e non spettatori della riforma della rete ospedaliera, e in generale del riordino della sanità sarda. Gli enti locali si pongono come interlocutori della Giunta e del Consiglio regionale sulla riforma della rete ospedaliera attraverso l’Anci e il Consiglio delle autonomie locali (Cal), con l’obiettivo di correggere in maniera decisa le impostazioni accentratrici anche in materia di tutela della salute.
Lunedì scorso, a Oristano, nella sala consiliare del Comune, il presidente di Anci Sardegna Emiliano Deiana ha incontrato i sindaci dei Comuni sede di ospedale per ascoltare le ragioni soprattutto dei piccoli presidi: «Si è concordato – sottolinea Deiana –di chiedere alla Giunta e al Consiglio regionale un supplemento di analisi degli elementi della riforma partendo da alcuni punti fissi: lotta agli sprechi e alle inefficienze, no allo logica ragionieristica dei soli numeri e tutela del diritto alla salute delle persone che vivono nelle aree periferiche della Sardegna».
Garantire il diritto alla salute dei nostri cittadini è l’obiettivo che Anci vuol perseguire, «portando un contributo decisivo alle decisioni del Consiglio regionale e sollecitando – afferma Deiana – una riorganizzazione della rete ospedaliera che accanto ai poli specialistici garantisca servizi territoriali capillari e integrati».
Mario Girau
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