Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù e i suoi In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnào. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Commento a cura di Marco Orrù
Nel cammino della nostra vita possiamo scegliere se farci guidare dal senso di cooperazione o dalla competizione. Purtroppo sin da piccoli, animati da un «ego» innato siamo portati a misurarci nella competizione. Penso alle nipotine quando le vedo giocare, entrambe vogliono fare la maestra e non l’alunna, la padrona del negozio e non l’acquirente, la cuoca e non la cameriera. Allo stesso modo il bambino, che vuole fare una breve sfida di calcio a casa con il papà, prolunga la partitella finché non riesce a fare un goal in più perché deve essere lui a vincere. Il fascino del sentirsi e mostrare di essere «di più» non ha età e gli stessi adulti spingono i piccoli ad essere tra i primi della classe, e ad entrare anch’essi in una competizione da cui è difficile affrancarsi.
Continua il cammino di Gesù con i suoi discepoli attraverso la Galilea, ma Egli insiste perché la notizia del suo passare non sia divulgata. Ancora chiede il silenzio ai suoi discepoli perché possano ascoltare e meditare lungo il cammino, per la seconda volta, l’annuncio della sua passione, morte e risurrezione. I discepoli non sono ancora pronti, non capiscono, hanno paura di chiedere spiegazioni a Gesù e si lasciano sedurre dal gioco del potere. «Di che cosa stavate discutendo per la strada?» Si ha l’impressione che i discepoli, pur camminando sulla stessa strada accanto a Gesù, siano distanti con la mente e con il cuore dal loro Maestro. Sono attratti da altri desideri che rispondono al «linguaggio del mondo» piuttosto che lasciarsi modellare dalla novità del vangelo. Erano tutti intenti a stilare la classifica per decidere chi tra loro fosse più importante.
Proviamo a domandarci quale sia il tono del nostro discutere all’interno della Chiesa, nelle nostre comunità parrocchiali, dentro le nostre case nei confronti tra marito e moglie e in relazione ai figli. Se da una parte papa Francesco ci invita alla scuola dell’umiltà, della semplicità e del servizio, dall’altra si scatena una bagarre che genera solo confusione.
In queste settimane si delineano gli avvicendamenti dei sacerdoti nelle parrocchie e anche in questo caso, sia gli osservatori esterni, sia i chiacchiericci di corridoi e sacrestie, rischiano di confondere nelle frettolose valutazioni, l’obbedienza con la debolezza, l’accettazione di un incarico più impegnativo come una ricerca di prestigio personale. Certo, i parrocchiani possono sentire il dispiacere per il distacco dalla comunità del loro pastore, ma i laici sono chiamati ad aiutare il sacerdote ad esprimere il suo generoso «eccomi» capace di dare vita anche ad altre comunità. Il sacerdote, dal canto suo, sa e deve comunicare con delicatezza e amore, che nel giorno della sua ordinazione sacerdotale ha promesso di essere a servizio della Chiesa e non di una sola comunità, per quanto bella e appagante possa essere.
Sediamoci accanto a Gesù e ascoltiamo cosa disse ai dodici: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». La ricerca del primato si deve coniugare necessariamente con l’umiltà e il servizio. Il rovesciamento dei valori nella logica evangelica, trova la piena realizzazione nella persona di Gesù. È a Lui che dobbiamo rivolgere lo sguardo: «Imparate da me che sono mite ed umile di cuore» (Mt 11,29).
Agli apostoli Gesù propone un cammino di conoscenza e di imitazione della sua persona. Egli si rivolge agli umili, ai piccoli, ai poveri, perché Lui stesso si è fatto piccolo e umile. «Umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8).
La misura di questa piccolezza è data dal bambino che Gesù abbraccia e pone in mezzo a loro e chiede di accoglierlo nel suo nome. Sentiamo questo abbraccio di Gesù quando non erigiamo muri a protezione dei nostri interessi personali e con la stessa umiltà è Gesù stesso a lasciarsi abbracciare.
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