XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”.
“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”».
(Mt 25, 14-15.19-21- Forma breve)
Commento a cura del Gruppo sinodale casa Circondariale di Uta
Il Vangelo di questa domenica è conosciuto come la «parabola dei talenti»ma forse andrebbe illustrata, letta e raccontata come la «parabola del dono».
È facile comprendere come chi ha saputo far fruttare i talenti ricevuti sia stato lodato e ricompensato dal padrone, mentre chi non si è prodigato a fare altrettanto sia stato biasimato e punito.
Ascoltare questo brano del Vangelo in carcere, calando tale insegnamento nella vita di quanti sono oggi reclusi, non è facile, ma è di fondamentale importanza, perché insegna a riconoscere il dono di Dio al di là del sentimento di fallimento o di inadeguatezza che gli sbagli e le esperienze negative della vita possono «scolpire» nel cuore e nella vita di ciascuno.
L’esperienza della carcerazione è sicuramente traumatica e segna uno spartiacque nella vita della persona: la vita prima della condanna e quella dopo il pronunciamento della «giustizia umana» che si vive tutti i giorni in carcere.
Per molti detenuti non è facile comprendere quale dono abbiano ricevuto prima della condanna, trovandosi in molti casi a vivere in situazioni difficili, in famiglie disastrate, economicamente disagiate e povere culturalmente, dove ci si alza la mattina con la speranza di «riempire la pancia» e ci si corica la sera con la rabbia e l’amarezza per ciò che non si è riuscito ad ottenere.
Ci sono persone, invece, che hanno ricevuto dei doni senza alcuno sforzo e magari non hanno saputo apprezzare quello che avevano.
Persone che hanno voluto valicare i confini della legalità e che la «giustizia umana» ha condannato e recluso.
La condizione di persone carcerate, private della libertà, porta a vivere nella rabbia, nel rimorso e nella disperazione per tutto quello che si è perso e che non ritornerà mai più.
Per questo motivo è importante ascoltare col cuore e con la mente le parole proposte oggi dal vangelo di Matteo.
Un dono, per piccolo o grande che sia, è qualcosa di prezioso, non per il valore estrinseco di due, cinque o dieci talenti, ma per il suo valore intrinseco.
Il Signore consegna ad ogni uomo i suoi doni che si esprimono nelle diverse capacità, nelle competenze, nella sensibilità per i temi della vita e della società, per le passioni che colorano la vita.
Chi riceve un dono non può vanificare tale gesto con l’immobilità, con l’inedia, ma può ricambiare facendo fruttare il dono, potendo – a sua volta – diventare un dono per gli altri.
Se fuori dalle mura di una prigione non si è saputo apprezzare e valorizzare il poco che si è ricevuto, non c’è alcun motivo per cui non si possa meditare su queste parole di Matteo e cambiare prospettiva.
Antonello, un esperto professionista con incarichi politici, proveniente da una ricca famiglia cagliaritana, che nella sua vita ha vissuto senza nessun problema economico, tra gli agi e le comodità, si è trovato in brutte acque e con una condanna di otto anni di carcere da scontare.
Gli anni sono ormai quasi passati e ci confida che l’esperienza della carcerazione gli ha fatto scoprire un’umanità che non conosceva, fatta di vite sofferte, di tante povertà che prima della condanna non aveva mai notato.
E da questa esperienza è nato in lui il desiderio di mettere al servizio i propri doni e le proprie capacità professionali verso coloro che vivono in situazioni di povertà materiale e di indigenza.
Dentro la prigione dei corpi, dove le grate contendono le membra è possibile scoprire, riconoscere ed apprezzare piccoli e grandi doni che possono essere elargiti gratuitamente e fatti fruttare da tutti coloro che le vicende della vita hanno messo alla prova.
La dinamica del dono è sicuramente alla base della rinascita di ogni uomo che vorrà essere libero nella mente e nel cuore, prima che fisicamente, come persona.
Sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto.
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