Sfida etica nell’era digitale

Il tema della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si celebra in questa domenica

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Sfida etica nell’era digitale.

L’intelligenza artificiale (IA) si intreccia indissolubilmente non solo con lo sviluppo della comunicazione e del giornalismo, ma con tutto lo spettro della vita dell’uomo.

Si aprono certamente scenari di grandi opportunità che, però, sollevano anche interrogativi etici cruciali.

Il messaggio di papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2024 «Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana», è ricco di spunti di riflessione e traccia una rotta sicura per navigare in questo mare complesso.

L’intelligenza artificiale, che appartiene a quel progresso scientifico e tecnico che il Papa considera «dono da Dio», rappresenta un progresso importante, idoneo a migliorare significativamente la vita umana.

Pensiamo alle applicazioni in medicina, alla comunicazione e alla ricerca che offrono strumenti preziosi per la cura della salute, l’accesso alle informazioni, l’acquisizione e la condivisione della conoscenza.

Tuttavia, è fondamentale ricordare che l’IA non è un sostituto dell’intelligenza umana, ma piuttosto un suo complemento.

La sua forza risiede nell’elaborazione di dati e nella gestione di informazioni, ma non possiede certo la complessità, l’intuito e la capacità di discernimento che caratterizzano l’intelligenza umana.

L’uso del plurale «intelligenze artificiali» può aiutare a sottolineare la diversità di queste tecnologie tra di loro e rispetto all’intelligenza dell’uomo e la necessità di valutarle con attenzione.

Ogni forma di IA possiede caratteristiche e potenzialità specifiche, che devono essere considerate in base al loro impatto sull’individuo e la società intera. 

L’eccessiva enfasi sui dati utili alla profilazione rischia di ridurre l’uomo a un insieme di informazioni da raccogliere ed elaborare, perdendo di vista la sua unicità e la ricchezza della sua storia personale.

La profilazione algoritmica, se non bilanciata da una visione olistica dell’essere umano, può creare una società di individui stereotipati e privi di identità reale.

La complessità e la ricchezza della persona non possono essere catturate da algoritmi e database ma solo dalla «sapienza del cuore».

L’IA può essere utilizzata per condizionare le scelte dei consumatori e influenzare le opinioni politiche.

La selezione e la profilazione delle informazioni possono limitare la libertà di pensiero e di azione, creando una società controllata da algoritmi e dai poteri forti in grado di gestirli.

L’utilizzo dell’IA per fini propagandistici o di disinformazione, inoltre, rappresenta una grave minaccia alla democrazia e al pluralismo di idee.

L’applicazione dell’IA in contesti militari, poi, come nelle armi autonome, solleva profondi dubbi etici. Algoritmi che decidono sulla vita e sulla morte senza pietà e capacità di giudizio sono inaccettabili e contrari ai principi etici fondamentali. 

L’utilizzo consapevole dell’IA richiede un’educazione critica che aiuti a comprendere il funzionamento di questi strumenti e il loro impatto sulla vita degli individui e della società.

La scuola, i media e le istituzioni hanno il dovere di educare i cittadini a un uso responsabile dell’IA, promuovendo il pensiero critico, la capacità di discernimento e la consapevolezza dei rischi e delle potenzialità di questa tecnologia.

La partecipazione attiva del pubblico al dibattito sull’IA, in tal senso, è necessaria per garantire un futuro digitale giusto.

Serve lo sviluppo condiviso di una «algoretica».

La bussola per un futuro consapevole è nelle nostre mani: scegliamo di usarla con responsabilità e lungimiranza.

+ Giuseppe Baturi – Arcivescovo

Sfida etica nell’era digitale.

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