IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.
Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Commento a cura di don Raimondo Mameli
Il discorso sulla montagna è, secondo Sant’Agostino, «la norma definitiva della vita cristiana per quanto attiene a un’ottima moralità».
Le parole di Gesù contengono tutte le norme dalle quali è regolata la vita cristiana: occorre non soltanto ascoltarle ma anche metterle in pratica. Cristo, ribaltando le idee effimere del mondo riguardo la felicità, mostra con le beatitudini (ed anche col decalogo) la via per la realizzazione delle più alte aspirazioni umane, rispetto alle quali il demonio tenta sempre di sviarci.
Ogni uomo anela alla felicità, ma, fragile e orgoglioso al contempo, rischia di perdersi considerando talvolta come un bene ciò che non sia in armonia con la dottrina di Gesù.
Come insegna San Tommaso Dio è il fine ultimo di ogni uomo (Contra Gentiles, III, 25) e la nostra felicità ultima consiste nella sua contemplazione.
Il discorso sulla montagna ci mostra il reale oggetto della beatitudine che non consiste nelle ricchezze (ecco il distacco dai beni, che sono un mezzo e non un fine: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli»), negli onori, nella fama, nella potenza, nel piacere, in qualche bene particolare dell’anima o del corpo, ma in Dio stesso, che è il Bene infinito.
Poveri in spirito sono gli umili e coloro che temono di offendere Dio col peccato; sono coloro i quali hanno il cuore immune da perverse velleità di potere e di onori umani.
Alla povertà è strettamente correlata la mitezza, che si sottrae alla malvagità resistendo al male.
Cristo ci insegna che il male deve essere sconfitto col bene.
Inoltre, bisogna considerare che un fine buono non può essere conseguito con mezzi cattivi (il fine non giustifica né rende buoni mezzi cattivi). «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati»: ci rivolgiamo ogni giorno a Maria, sospirando «gementi e piangenti in questa valle di lacrime».
Abbiamo tanti motivi per piangere in questo mondo; siano, le nostre, lacrime di umiltà, di commozione per l’infinita tenerezza di Dio e di richiesta di misericordia per le colpe di ogni uomo.
La consolazione che Dio offre non riguarda beni caduchi ma la vita eterna, che dobbiamo desiderare ogni giorno volgendo lo sguardo ai beni eterni.
Le beatitudini successive ci insegnano ad avere fame e sete della giustizia e della virtù, ad essere misericordiosi, esercitando la carità verso i nostri fratelli.
La beatitudine consiste nel vedere Dio, e, per conseguirla, occorre la purezza del cuore. Beati sono anche i pacifici, i perseguitati, i calunniati, i martiri.
Il mondo considera beato il contrario di quanto affermato dal Signore; il cardinale Giacomo Biffi, in un suo fortunato libretto, parlava di un «Quinto Evangelo», un Vangelo che non esiste ma che il mondo vorrebbe, conforme alla mentalità di questo secolo.
Spesso le verità cristiane sono contestate non solo dagli atei o dagli agnostici, ma anche dagli stessi credenti.
«Di fronte a queste contestazioni – scrive il Cardinale – sono costretto a osservare: “Ma guarda che nei discorsi di Gesù c’è proprio il contrario di quello che tu dici”».
Siamo tutti chiamati a mettere in pratica, con la grazia di Dio, gli insegnamenti presi nel loro complesso.
In quest’ottica, le beatitudini ci invitano ad alzare l’asticella, a desiderare di «volare alto», a cercare una giustizia che supera quella della legge antica, leggendo tutti i precetti del Signore alla luce della carità.
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