«Non bisogna limitarsi ad affrontare le questioni emergenziali ma occorre rendersi conto che si tratta di un tema strutturale e bisogna cercare di affrontare le cause, come la povertà, l’emarginazione, i conflitti, la violazione dei diritti umani, soprattutto nell’Africa sub-sahariana. Anche l’Algeria è diventata terra di migrazione». L’ambasciatore italiano ad Algeri, Pasquale Ferrara, precisa che il Paese nord africano vive una situazione simile all’Italia. «Ultimamente – prosegue – ha assunto la fisionomia un Paese di destinazione delle migrazioni, soprattutto dal Sahel, in particolare Niger e Mali. Tutta la regione a sud dell’Algeria, nel Sahara, ospita migliaia e migliaia di migranti che, vuoi perché le rotte sono bloccate, vuoi perché c’è un’affinità storica, culturale con le popolazioni, alla fine si installano in Algeria. Si vede ormai anche nelle strade di Algeri il fenomeno dei migranti. Quindi un po’ un cambiamento culturale sta nascendo anche qui, quasi simile a quello che ha interessato l’Italia. Il nostro è stato un Paese di emigrazione, poi siamo diventati improvvisamente un paese di immigrazione. Abbiamo decine di milioni di italiani immigrati nel corso dei secoli e improvvisamente, negli ultimi decenni, la nostra nazione è un Paese di immigrazione. La storia dell’Algeria ha dei tratti in comuni con noi anche se poi ci sono altri elementi di differenziazione: ha vissuto il dramma del terrorismo negli anni ’90 con circa 200 mila morti, moltissimi giovani, con molti intellettuali che hanno lasciato l’Algeria verso i Paesi del nord Europa, per il Canada, per l’Australia. Negli ultimi anni invece il Paese è diventato a poco a poco non più un Paese di transito ma di destinazione.
La Sardegna è meta però di sbarchi di persone provenienti dall’Algeria?
Le grandi migrazioni fino a prima della scorsa estate passavano soprattutto attraverso la Libia, hanno fatto sì che nel 2016 in Italia siano arrivati ben 180.000 migranti irregolari. Dall’Algeria il fenomeno è completamente diverso.
Si spieghi meglio
Non si tratta di migranti sub-sahariani in gran parte, ma in buona misura sono algerini che partono e vanno in Europa, attraverso la Sardegna. È un approdo vicino, con dei numeri che, da una parte sono di una certa rilevanza, parliamo di 1.700 persone l’anno, dall’altro è comunque un problema da non sottovalutare, anche perché questi flussi potrebbero crescere. Realisticamente però, paragonati con quelli che passavano dalla Libia, siamo su delle cifre complicate ma non impossibili da gestire, soprattutto attraverso l’identificazione e la riammissione. Su questo, anche quando è venuto il Ministro Minniti, c’è stata la massima collaborazione da parte degli algerini nelle procedure di identificazione. Tra l’altro con loro abbiamo degli accordi che funzionano benissimo. Non c’è mai stato nessun problema per quanto riguarda il rientro e la riammissione. Aggiungerei una cosa che mi sta a cuore.
Prego.
Ci tengo molto, come ambasciatore d’Italia, a cercare di riformulare questo rapporto tra l’Algeria e la Sardegna in particolare, sulla base di un’agenda positiva. Certamente è una questione che va affrontata e, tra l’altro, l’Algeria è il Paese, tra quelli del Mediterraneo, più in grado. Con grande efficacia controlla le proprie frontiere e le proprie coste, e lo fa in modo estremamente attivo. Tenga presente che, in questo momento, sono schierati oltre 80.000 uomini lungo le frontiere tra la Libia e il Sahara. Il controllo delle frontiere anche quelle meridionali avviene in modo molto efficace.
È possibile allora formulare un’agenda positiva con la Sardegna?
La vostra Isola ha dei rapporti storici con l’Algeria, che non possono essere ridotti alla mera problematica di poche centinaia di migranti irregolari l’anno. Ovviamente la Regione Sardegna fa bene a tenere alta la guardia. Una delle cose che abbiamo fatto, con la grande collaborazione dalla Giunta regionale, è stata quella di inserire la Sardegna come Regione d’Italia ospite della Settimana della cucina italiana in Algeria. Sembrerà una cosa banale ma attraverso la cucina e il cibo passano tanti messaggi: il patrimonio culturale comune, il cibo sostenibile, il rispetto dell’ambiente, la sicurezza alimentare. Non bisogna sottovalutare minimamente il fenomeno migratorio, ma occorre tener presente anche l’altro lato della bilancia. C’è un rapporto che va coltivato, rilanciato in modo positivo. Per questo vorrei che la Sardegna fosse conosciuta in Algeria non solo perché è approdo dei migranti irregolari ma perché c’è una parte molto più ampia e importante che riguarda la cultura e le tradizioni: si tratta di due popoli che si sono conosciuti, che hanno il mare in comune, che hanno delle peculiarità importanti di scambio ma che rischiano di passare ingiustamente in secondo piano.
Roberto Comparetti
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