Ventidue comunicazioni, quasi quattro ore di attento ascolto delle opinioni altrui, pioggia di analisi e proposte sul tema «Giovani, lavoro, formazione e nuove tecnologie». È cominciato così il cammino regionale – promosso dalla delegazione sarda della pastorale sociale, sotto il coordinamento di don Giulio Madeddu – verso la «Settimana sociale dei cattolici italiani» in preparazione del grande appuntamento finale che vedrà oltre mille laici – in rappresentanza di 226 diocesi – convenire a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017 per una riflessione corale su «Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale».
Intorno allo stesso tavolo docenti universitari, sindacalisti, responsabili di associazioni, mondo dell’impresa, della cooperazione e del terzo settore. Tutti sintonizzati sull’emergenza lavoro giovanile. «La diocesi e la Chiesa sarda nel suo complesso vogliono presentarsi all’appuntamento della Settimana sociale – ha spiegato l’arcivescovo Arrigo Miglio, esperto di queste manifestazioni per aver organizzato le ultime tre edizioni di Pistoia-Pisa (2007), Reggio Calabria (2010) e Torino (2013) – con una proposta propria organica e progettuale in grado di aiutare la nostra regione a individuare percorsi virtuosi di promozione lavorativa. Ma vogliamo anche ascoltare e dialogare con tutti quelli che contribuiscono ad attuare il costituzionale diritto al lavoro nel rispetto della dignità della persona umana».
Nello scenario dell’impegno sociale cristianamente ispirato la Chiesa locale colloca l’emergenza giovanile Sardegna, caratterizzata da quasi il 50% di giovani tra 15 e 29 anni disoccupati, il 24,7 % di dispersione scolastica, il 34% di neet. «Negli anni 2000 le difficoltà hanno spinto a riconsiderare – ha detto Pietro Ciarlo, in rappresentanza del rettore dell’Università, Maria Del Zompo – la centralità dell’uomo. Lo stereotipo del padrone delle ferriere è superato».
Proposte e preoccupazioni sono stati messi all’attenzione dell’Arcivescovo che ha seguito attentamente tutti gli interventi, e spesso ha preso appunti. I segretari sindacali Beniamino Contu (Cisl) e Michele Carrus (Cgil) hanno fotografato i possibili scenari futuri determinati dalle nuove tecnologie, luoghi delle competenze, da non demonizzare ma da affrontare con cultura e professionalità, attrezzati per eliminare ritardi e rallentamenti, soprattutto sul fronte burocratico.
Nell’isola – ha detto Giacomo Cao, presidente del Distretto aerospaziale sardo – ci sono le condizioni per giocare ruoli significativi, con molti posti di lavoro, nel sistema dello sviluppo di piattaforme di test per aerei a pilotaggio remoto, nell’esplorazione umana e robotica dello spazio con la costruzione di materiali e tecnologie per l’astronomia e l’aerospazio.
Scuola e Università sono finite al centro di diversi interventi. Ha cominciato Marinella Pau (Cisl scuola): «Dobbiamo dare una formazione più robusta». Francesca Cabiddu (Università di Cagliari): «Non basta conoscere la materia, ma bisogna rendersi consapevoli delle competenze», e ancora: «Ciò che conta è che i giovani imparino a lavorare insieme e a credere in se stessi». Giuseppe Melis (Università di Cagliari): «Il sistema educativo è costruito più per dare professionalità che per insegnare a vivere liberi e a lavorare in equipe». Ottavio Marcia (Sovrintendenza scolastica regionale): «Bisogna trovare strumenti per riallineare scuola e mondo del lavoro».
Giacomo Meloni (segretario della Confederazione sindacale sarda) ha riferito una sua esperienza: «Ho chiesto ai giovani: ma perché scappate dalla Sardegna? Risposta: Perché ci sentiamo inutili, non siamo coinvolti, siamo fuori del cerchio». Franco Meloni ritiene ormai indispensabile una vera mobilitazione sul fronte scolastico «soprattutto perché se sparisce il lavoro scompaiono anche i giovani». Il mondo del lavoro – Efisio Perra (Coldiretti), Luca Murgianu (Confartigianato) – ha evidenziato potenzialità, soprattutto in agricoltura, e problemi di un mercato altalenante, dove il peso fiscale complica la vita delle imprese. La frontiera delle cooperative sociali aiuta (Adriano Picciau, Fondazione Centesimus annus), ma non risolve i problemi.
E i giovani? «Dobbiamo creare percorsi di lavoro calibrati sulle loro capacità e vocazioni personali (Francesco Aresu, Progetto Policoro); «Competenze informali non solo formali» (Giacomo Carta, Acli giovani); «Capire come una situazione negativa può diventare opportunità per rispondere in modo nuovo ai bisogni dei giovani» (Roberto Mura, Comunione e Liberazione); «Peggio di tutti stanno gli under 30 con un basso livello culturale, candidati al lavoro nero» (Daniela Melis, presidente dell’Azione Cattolica diocesana); «Fare rete e sponsorizzare e imprese di comunità», suggerisce Francesco Piludu (Anci giovani Sardegna). Andrea Mameli (Responsabile comunicazione CRS4) indica azioni di orientamento, disponibilità continua a un costante adattamento ai mutamenti nel lavoro con la nascita di nuove professionalità.
Tuffo nella realtà – molte volte amara – in alcuni interventi. I giovani faticano a interpretare le speranze e non hanno la certezza di vincere la precarietà (Antonello Caria, Acli Sardegna). I numeri non promettono niente di buono: disoccupazione giovanile a quota 42,4%, un sardo su quattro senza lavoro, dispersione scolastica al 24%. Forse è necessario un approccio radicalmente diverso per creare una società giusta (Franco Manca, direttore centro studi Caritas).
Una via d’uscita? «Sì – secondo Vittorio Pelligra (Università di Cagliari) – se si investe fin dall’infanzia sul capitale umano. Il problema dello sviluppo non è la mancanza di risorse, ma non saperle utilizzare».
Mario Girau
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