L’appuntamento elettorale del 4 marzo può diventare una buona occasione, al di là delle discussioni e delle polemiche arroventate che precedono e seguono normalmente le elezioni, per fare un serio esame di coscienza sul nostro amore per la Patria, il paese grande e bello dove il Signore ci ha posti a vivere e il popolo ricco di doni umani e cristiani a cui apparteniamo.
Che un cristiano debba essere anche un buon cittadino lo diceva don Bosco ai suoi giovani ma è un insegnamento che troviamo già nella prima Lettera dell’Apostolo Pietro.
Amare il proprio paese vuol dire interessarsi, farsi carico, non stare alla finestra per vedere come andrà a finire. L’astensionismo elettorale dunque non è un segno di amore per l’Italia. Certo è più comodo, non solo per «andare al mare» come in passato qualcuno ha suggerito, ma perché ci evita di scegliere.
Abbiamo invece bisogno di imparare sempre più a fare discernimento, parola difficile e impegnativa. Si tratta anzitutto di informarsi, su come si vota (la legge elettorale non é proprio semplice…) e sui candidati. La grande informazione ci parla principalmente delle liste e dei programmi declamati, ma resta importante conoscere le persone, anche perché dovremmo imparare a tenere più contatti con loro, non solo in campagna elettorale ma soprattutto dopo, una volta eletti.
Il discernimento richiede inoltre confronto e dialogo, senza temere le differenze e le occasioni di ascolto reciproco. Se noi pastori dobbiamo essere sempre costruttori di comunione e quindi super partes per quanto riguarda le posizioni partitiche, questo però non ci autorizza ad essere qualunquisti.
Per i laici è diverso: è loro compito, come spiega bene l’enciclica Deus Caritas Est di papa Benedetto XVI nella seconda parte e specialmente al n. 28, impegnarsi in prima persona e fare scelte ponderate, anche col rischio di sbagliare. Perciò vanno incoraggiati e sostenuti nel fare discernimento.
Questo riguarda poi fondamentalmente il Bene Comune, del quale siamo corresponsabili tutti, laici e pastori, illuminati dalla dottrina sociale della Chiesa e dai suoi principi basilari. Un bene comune che non si fondi sulla centralità della persona e della sua dignità, sul rispetto della vita, sul diritto ad un lavoro dignitoso, sull’attenzione privilegiata ai più poveri, non sarà mai un vero bene comune perché non costruirà una società fondata sulla giustizia. Si tratta di un ideale da inseguire continuamente, ma senza farsi un alibi se non vediamo in lizza persone e programmi che ci soddisfino pienamente. Anche questo fa parte della fatica del fare discernimento: scegliere con realismo accettando il rischio di sbagliare. Ma astenersi è peggio. E non sembri fuori luogo chiedere luce al Signore anche per scelte così «politiche» e opinabili.
Infine, nell’esame di coscienza del 4 marzo proviamo a puntare il dito anche verso noi stessi e non solo verso la casta, per capire se siamo veramente buoni cittadini, ad esempio nel rispetto dell’ambiente, nella legalità in occasioni piccole o grandi, nel ricordarci ogni tanto anche dei doveri e non solo dei diritti. Così faremo di questo giorno una domenica speciale, ringraziando il Signore per quanto ci ha donato come italiani e la giornata diocesana della Caritas potrà offrirci l’occasione per un gesto concreto, sempre più eloquente di molte parole superflue o inutili.
Arrigo Miglio – Vescovo
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