Il digiuno eucaristico vissuto negli ultimi due mesi terminerà lunedì con la ripresa delle celebrazioni alla presenza del popolo.
L’Arcivescovo, citando Giovanni Crisostomo, ricorda che «se è pur vero che puoi pregare a casa, non puoi però pregare come in chiesa, ove si trova un così gran numero di padri, dove il grido viene innalzato verso Dio in modo concorde… Qui infatti c’è qualcosa di più, ovvero la concordia degli animi e delle voci, il vincolo della carità e le preghiere dei sacerdoti. Cristo Signore è infatti presente quando la Chiesa prega e loda insieme…».
Per questo non è sufficiente pregare da soli o in casa: occorre che ci sia una comunità orante. «Le nostre azioni liturgiche – dice ancora monsignor Baturi – sono realtà necessariamente comunitarie, in quanto “appartengono all’intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano” e devono essere celebrate, per quanto possibile, con la presenza e la partecipazione attiva dei fedeli».
Con la stipula del protocollo tra Governo e Conferenza episcopale italiana potremo finalmente partecipare alla celebrazione eucaristica.
Per questo parroci e rettori di chiese aperte al culto hanno lavorato per seguire e far seguire ai fedeli le indicazioni che lo stesso protocollo prevede.
Sono previsti ingressi contingentati con mascherina obbligatoria, mentre resterà fuori chi avrà una temperatura corporea pari o superiore ai 37,5° centigradi.
I volontari favoriranno l’accesso e l’uscita, evitando ogni forma di assembramento.
Per distribuire la comunione il celebrante, o il ministro straordinario dell’eucaristia, dovrà igienizzare le mani e indossare i guanti e la mascherina, avendo cura di non venire a contatto con le mani dei fedeli.
Nel protocollo si raccomanda inoltre di distinguere, ove possibile, porte di ingresso e porte di uscita, sempre aperte, in modo che i fedeli non debbano toccare le maniglie.
All’ingresso e all’uscita dalla chiesa la distanza non deve essere inferiore al metro e mezzo, mentre all’interno è sufficiente un metro.
Nel documento viene raccomandato inoltre di ridurre al minimo la presenza di concelebranti e ministri, di igienizzare al termine delle celebrazioni le aule liturgiche e le sagrestie. Può essere prevista la presenza di un organista, ma non del coro, niente libretti per i canti e altri sussidi cartacei, mentre per ciò che riguarda le offerte non saranno raccolte durante la celebrazione ma depositate dai fedeli in appositi contenitori, collocati agli ingressi o in altro luogo ritenuto idoneo dal parroco.
C’è un punto che poi ha giustamente allarmato le associazioni che tutelano i disabili, il numero 1.8, che così recita: «Si favorisca, per quanto possibile, l’accesso delle persone diversamente abili, prevedendo luoghi appositi per la loro partecipazione alle celebrazioni nel rispetto della normativa vigente». Dovrebbe essere rivisto: le persone con disabilità non vanno confinate in un «luogo apposito».
Il Presidente Solinas ha emanato un’ordinanza che permetteva alla Chiesa sarda di riprendere a celebrare Messa con il popolo già da lunedì scorso.
La Conferenza episcopale sarda nel comunicato, pubblicato nei giorni scorsi, ha voluto ringraziare la Giunta per la sensibilità mostrata verso la ripresa delle celebrazioni con il popolo, sottolineando però la necessità di un differimento, in modo che sacerdoti e comunità potessero prepararsi ad una riapertura in sicurezza lunedì 18 maggio.
«In quel giorno – scrivono i Vescovi – condivideremo con le Chiese di tutta Italia una riapertura tanta attesa e molto gradita per il nostro popolo».
Roberto Comparetti
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