Dal 18 al 25 gennaio la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
«Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti».
Le parole di papa Francesco al momento di preghiera del 27 marzo interpretano lucidamente l’attuale situazione e ci suggeriscono alcune riflessioni in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. L’imprevista bufera infatti non ha fatto distinzione tra gli uomini e neppure tra i cristiani: ci troviamo davvero tutti sulla stessa barca!
La barca nel Vangelo e nei commenti dei Padri è proprio l’immagine della Chiesa, che oggi si trova ad affrontare questa situazione di emergenza: cosa fare? Il Papa, nel testo citato, fa quattro affermazioni sulle quali possiamo riflettere.
La prima: ci siamo scoperti «fragili e disorientati». La divisione tra i cristiani è il frutto della fragilità, che ha permesso all’orgoglio e alla testardaggine umana di prevalere sul progetto di Gesù per la sua comunità: «Che siano uno (Gv 17,21)».
La divisione disorienta noi e l’umanità: è credibile una comunità divisa? Il Vangelo non è un messaggio di riconciliazione e di armonia? Il sentirsi fragili, peccatori, deve essere allora motivo di con-divisione e non di rivalità.
La seconda affermazione del papa ci dice che siamo «tutti importanti e necessari». La diversità dell’altro ci disturba, perché mette in discussione il nostro pensiero, contesta le nostre sicurezze. Eppure se Dio ci ha fatto tutti diversi e ci ha messo vicini, non l’ha fatto a caso. Si tratta allora di considerare la diversità come ricchezza e come motivo di crescita: unità non significa uniformità.
Il Papa continua dicendo che è necessario «remare insieme». Noi cristiani sperimentiamo paradossalmente che è difficile condividere la fatica e il lavoro: a volte vorremmo l’esclusiva nella testimonianza della fede! Invece il Vangelo è affidato non ai singoli ma a una comunità.
Del resto, possiamo illuderci di non aver bisogno degli altri, di annunciare Cristo da soli? Ogni Chiesa può bastare a se stessa? Perciò, non solo in questa situazione di pandemia, ma anche davanti ad un mondo sempre più lontano dal messaggio evangelico si deve «remare insieme».
Insomma, come diciamo in sardo: «Forza paris»!
Infine il Papa dice che siamo «bisognosi di confortarci a vicenda. Il con-forto ci fa sentire più forti grazie alla presenza dell’altro. Non c’è dubbio che viviamo un momento di particolare difficoltà nel quale dobbiamo farci forza gli uni gli altri; non c’è tempo da perdere nelle nostre divisioni. Personalmente, quando ho contratto il Covid, mi ha dato forza la vicinanza di tanti amici; ma mi ha colto di sorpresa particolarmente la preghiera che una comunità non-cattolica ha fatto per me.
La pandemia quest’anno ci fa vivere la Settimana di preghiera per l’unità in un clima tutto particolare. Deve essere l’occasione non per isolarci dagli altri, né per illuderci di salvarci da soli, ma per comprendere sempre più che il Vangelo è un messaggio di fraternità universale. In ogni caso gli apostoli sperimentano che solo il Cristo può far tacere la tempesta: non siamo noi che conduciamo la Chiesa. Preghiamo il Signore perché assicuri la sua barca col vento dello Spirito, così che essa possa essere, oggi più che mai, arca di salvezza per tutti i popoli.
Don Mario Farci
Direttore dell’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo
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