XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Dal Vangelo secondo Luca
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!».
Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti».
E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo.
Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?».
E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Commento a cura di Carlo Rotondo
Ancora un saluto dall’Africa.
L’episodio dell’incontro di Gesù coi 10 lebbrosi mi permette soprattutto di sottolineare non l’aspetto clamoroso del miracolo quanto ciò che lo anticipa e, per certi versi, ne apre la strada e la possibilità che si verifichi: «appena li vide».
Non prima di averli visti.
Senza essere visti da quello sguardo d’amore, quei 10 emarginati e, più che malati, appestati, non possono essere miracolati.
La porta che apre al miracolo è la vista di chi ti ama.
Bellissimo, fantastico, devastante!
Una provocazione bella e buona per la nostra società, fatta troppe volte di osservanti ciechi.
Abbiamo la capacità pazzesca di inquadrare un neutrino e di osservare una stella a miliardi di anni luce di distanza e poi siamo incapaci di «vedere» il fratello che ci vive a fianco tutti i giorni.
Non puoi amare ciò che non vedi.
È la regola numero uno dell’amore: accorgerti dell’esistenza dell’altro.
Gli «invisibili» non hanno chance.
E per «vedere» non bastano gli occhi occorre pure il cuore.
Perché soltanto se guardi con amore puoi vedere l’ invisibile.
E ce ne sono tanti di lebbrosi invisibili intorno e accanto a noi.
Talvolta in casa nostra stessa dove si parla l’italiano eppure c’è tanta difficoltà a capirsi.
Penso a tanti tipi di lebbra che rendono le persone invisibili. Non si spiega diversamente tanto odio e tanto rancore in giro verso le donne, verso padri separati, verso figli contesi.
Tanto bullismo e tanta violenza verso il debole e il diverso. Tanti meravigliosi giovani schiavi di dipendenze.
Vite incatenate dalla depressione e da terribili malattie che t’inchiodano ad un letto.
Tutta un’umanità invisibile perché la peggiore delle cataratte, l’indifferenza, c’impedisce di vederli. «Appena li vide»: e la storia cambia.
Uno di loro vedendosi guarito.
Per Gesù, per chi osserva intorno, per quei 10 lebbrosi e, ne sono certo, per le loro famiglie.
È bastato uno sguardo per trasformare la vita non solo di quei dieci sfortunati ma di tutta la gente che ruotava attorno a loro.
Uno sguardo e la vita di migliaia di persone si trasforma.
Uno sguardo!
Perché la lebbra, qualsiasi lebbra, non ti porta via soltanto la salute ma ti porta via familiari, amici, relazioni umane, vita sociale, lavoro e spesso ti porta via anche i sogni.
Sei tu e la tua schifosa lebbra: questo è il tuo universo. Uno sguardo d’amore per cambiare la storia di milioni di esseri umani. Non deleghiamo ai nostri cellulari le foto più belle della nostra vita, imprimiamole nei cuori.
È arrivato il tempo di iniziare a vedere gli altri come non li abbiamo mai visti.
Uno di loro vedendosi guarito.
C’è tutto un mondo da scoprire ed è incredibilmente vicino a noi. Anziché comprarci nuovi cellulari con sempre più alte definizioni fotografiche, iniziamo ad aprire l’obiettivo dei nostri cuori per vedere in modo nuovo il mondo vecchio.
Ricordo il film «Avatar» che anziché dire «io ti amo» diceva «io ti vedo».
Esattamente quello che ci serve per smettere di essere osservanti e, finalmente, diventare vedenti.
Il missionario non è colui che aiuta ma colui che vede e, vedendo, aiuta.
Ricordo una bellissima pagina di un libro che raccontando il dramma della croce ad un certo punto mette in bocca a Disma (il buon ladrone) queste stupende parole: «mi guardò, mi vide e gli rubai il Paradiso».
Il mondo salvato da uno sguardo: che bellezza!
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