Vegliate non sapete quando il padrone ritornerà

I Domenica del tempo di Avvento

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.

Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.

Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

(Mc 13, 33-37)

Da questo numero sarà don Andrea Busia, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà Teologica. Grazie a don Carlo Rotondo per il servizio reso in queste ultime settimane.

Commento a cura di Andrea Busia

Nella domenica con cui iniziamo un nuovo anno liturgico ci viene presentato un brano che in realtà è collocato verso la fine del vangelo secondo Marco, essendo proprio l’ultimo a precedere la sezione che narra la passione di Gesù.

Questo fatto non deve sorprenderci in quanto il brano è stato scelto per la presenza del doppio comando «vegliate» al suo interno (nel versetto 33 e di nuovo nel 37) che caratterizza ogni anno l’inizio dell’Avvento, lo abbiamo trovato infatti l’anno scorso, sempre nel Vangelo della Prima domenica di Avvento, leggendo il brano di Mt 24, 37-44 (v. 37: «Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà»), come anche lo troveremo nella liturgia dell’anno prossimo che ci propone la lettura di Lc 21,25-28,34-36 al cui interno, al v. 36, leggiamo «Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Questo tema, così come quello affine della nostra ignoranza del «quando» avverrà ciò che ci viene annunciato (e da cui deriva per noi la necessità di restare svegli e vigilanti), costituisce il principale insegnato di questa domenica, anzi proprio di un comando si tratta. Gesù non mitiga assolutamente la gravità di ciò che sta per dire, consapevole del fatto che il vivere questa attesa tenendosi pronti è fondamentale per la nostra vita.

L’atteggiamento richiesto è lo stesso che, probabilmente, molti di noi hanno provato in alcuni momenti della propria vita, quando attendendo una visita, una chiamata o comunque di ricevere un’informazione veramente importante, si sta lì, concentrati, senza distrazioni che possano farci sfuggire lo squillo del citofono o del telefono, magari controllando frequentemente il cellulare come ad anticipare quella chiamata.

E nel mentre ci si prepara nei modi necessari per quando il citofono squillerà, ad esempio preparando la casa ad accogliere l’ospite, o preparando la cameretta per il neonato in arrivo da un giorno all’altro.

Certo, esistono anche attese dense di preoccupazione (quale ad esempio quelle dell’esito di un esame medico), ma l’attesa di cui ci parla il Vangelo non è di queste, è un’attesa di un evento gioioso, di un arrivo gioioso, di una persona non temuta, bensì amata ma allo stesso tempo esigente: tutto deve essere in ordine, anzi tutto deve essere bellissimo per accogliere il Signore.

Questo atteggiamento di attesa gioiosa non è esclusivo di questa domenica o del tempo di Avvento, questa tensione deve essere una caratteristica di tutta la vita cristiana perché noi siamo fatti per la vita eterna che ha inizio su questa terra, ma è protesa a ben altro.

San Giovanni e San Paolo esprimono con grande chiarezza la gioia che deve caratterizzare questo tempo di attesa, gioia legata soprattutto a ciò che siamo chiamati a diventare perché, nel momento il cui il Signore tornerà, si realizzerà pienamente il nostro essere figli di Dio. Ascoltiamoli:

Dalla prima lettera di San Giovanni: «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! […] Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1Gv 3,1a.2).

E dalla lettera di San Paolo ai Romani: «Sappiamo bene che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo». (Rm 8,22-23)

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