Venne a Nazareth entrò nella sinagoga e si alzò a leggere

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Dal Vangelo secondo Luca

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione.

Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.

Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere.

Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore».

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.

Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

(Lc 1,1-4; 4,14-21)

Commento a cura di Roberto Piredda

Venne a Nazareth entrò nella sinagoga.

La liturgia della terza Domenica del Tempo Ordinario tiene insieme due brani distinti del Vangelo di Luca.

Nel primo (1,1-4) troviamo il prologo, rivolto ad un personaggio chiamato «Teofilo», che significa «amico di Dio». 

Gli «amici di Dio» di ogni tempo, al pari di Teofilo, quando accostano il Vangelo non si trovano ad avere in mano un semplice racconto edificante o un qualche vago mito religioso, ma una storia, fatta di avvenimenti attraverso i quali Dio si è rivelato agli uomini per far conoscere la sua verità e il suo amore, entrando così in relazione viva con ciascuno di noi.

La centralità della Parola ritorna anche nel secondo brano che compone il testo proposto nella liturgia.

La scena si svolge nella sinagoga di Nazareth, dove Gesù partecipa, insieme ai suoi compaesani, all’assemblea riunita per l’ascolto delle Scritture. 

In questa occasione Gesù si alza per leggere il testo biblico e poi commentarlo.

Il passo che viene citato è tratto dal profeta Isaia (61,1-2).

Egli annuncia la liberazione dei prigionieri, dei poveri e degli oppressi.

Si fa riferimento anche ad un «anno di grazia del Signore» (v. 19) nel quale, come accade nei giubilei (cfr Lv 25,8-13), si realizza la libertà per gli schiavi e la cancellazione dei debiti. 

Tutta l’attesa di salvezza presente nelle parole di Isaia non rimane però relegata soltanto al passato, per quanto importante, del popolo di Israele, ma assume un valore nuovo e inaudito proprio «oggi», nel momento in cui Gesù chiarisce il significato del testo: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (v. 21). 

È questo il «lieto annuncio» che proclama il Signore: le attese di liberazione dei piccoli, dei poveri, degli oppressi non sono rimaste senza una risposta da parte di Dio.

Gesù è il Messia atteso che adempie questa profezia e porta la salvezza piena e definitiva.

In lui «l’oggi» della salvezza si compie nella storia. 

«Tutto questo è stato proclamato – commenta Origene – in modo che, quando dopo la cecità torniamo a vedere, quando siamo liberi dalle catene e quando siamo stati risanati dalle nostre ferite, allora possa venire l’anno di grazia del Signore» (Omelie sul Vangelo di Luca, 32,4-5).

«Dall’alto, dalla punta estrema dell’universo, […] attraverso ogni atomo di materia. Tutto mi chiede salvezza».

Venne a Nazareth entrò nella sinagoga.

Daniele Mencarelli descrive così il nostro bisogno radicale di essere «salvati» nel suo romanzo «Tutto chiede salvezza» (2020). Riconoscere tale necessità è il primo passo per accogliere l’opera di Dio.

Gesù, come ama dire papa Francesco, ci viene incontro nelle «periferie» dell’esistenza, si china sulle nostre ferite e fragilità.

Allo stesso tempo anche noi siamo chiamati a diventare portatori di questo «lieto annuncio», che è la gioia del Vangelo, alle persone che incontriamo, testimoniando la forza liberante dell’amicizia con Cristo.

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