Dal Vangelo secondo Luca
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».
(Lc 9, 18-24)
Commento a cura di Michele Antonio Corona
Il famoso episodio viene da Luca privato di qualsiasi contestualizzazione geografica.
Mentre Marco ha voluto trasmettere la collocazione precisa in Cafarnao, il terzo vangelo preferisce il posizionamento esistenziale e relazionale da cui sorge e si anima questo particolare dialogo tra il Maestro e i suoi discepoli/lettori del vangelo: la preghiera. Il primo versetto della pericope sottolinea la centralità della preghiera di Gesù. Più volte il vangelo ribadisce questa singolare ed accorata relazione tra Gesù e il Padre, ancor più forte nei momenti maggiormente significativi (prima del battesimo, prima di scegliere i Dodici, nella trasfigurazione, nel Getsemani). La preghiera viene presentata come momento di intimità, di ricarica, di dialogo, di obbedienza – anche nel senso etimologico del termine – che il Maestro vive spesso in luoghi solitari (5,16).
Soprattutto Matteo ribadisce la condanna del Maestro verso tutti coloro che usano la preghiera come occasione per farsi lodare dagli uomini. La condanna diretta è sul mostrarsi oranti e religiosi, in una società dove la pratica di fede era centrale. Forse oggi le cose sono un po’ cambiate, dal momento che spesso si prova quasi vergogna a farsi il segno della croce in strada davanti ad una chiesa o in un locale pubblico prima di accedere ai pasti. Tuttavia, rimane assolutamente significativo lo stile di Gesù nel ritirarsi a pregare come esperienza di familiarità e confidenza, in cui vivere uno scorcio di rapporto filiale con il Padre. Ci capita spesso di dover correre dietro ai tanti impegni e sentire la fatica del tanto affannarci (proprio come Marta in 10,40), dimenticando spesso che il motore delle nostre azioni pastorali e catechetiche non può essere diverso dalla preghiera.
Con un esempio apparentemente poco consono potremmo dire che nessuna autovettura in un gran premio potrebbe gareggiare senza mai fermarsi ai pitstop. In questo contesto di relazione nasce la domanda di Gesù che non è mossa da una certa «philautìa», autocentramento smodato. Egli non fa un sondaggio per capire le «intenzioni di voto», né per legare la propria attività al compiacimento altrui. Bensì la domanda di Gesù vuole evidenziare la pluralità di voci e la ricchezza con cui la figura del Maestro viene interpretata. Non accetta quelle posizioni riferite dai discepoli, ma neppure le nega con decisione, forse perché esse sono la manifestazione dei desideri e degli aneliti che il popolo aveva: «Giovanni Battista, Elia e uno dei profeti». Tre personaggi molto significativi nella religiosità giudaica del tempo. Le attese delle molte fazioni religiose si concentravano su alcune figure di riferimento che potessero rispondere alla voglia di riscatto politico, sociale, economico e religioso. Mentre la prima domanda non interpella direttamente i discepoli, la seconda non lascia loro via d’uscita diplomatica. Devono schierarsi e prendere responsabilità. Pietro risponde d’impeto rivolgendo a Gesù il titolo supremo dell’unto del Signore, cioè di colui che è stato scelto da Dio per portare la salvezza definitiva ad Israele. Non «un cristo» qualsiasi, ma «il Cristo di Dio». A quella domanda di Gesù non sono interpellati solamente i Dodici, ma ogni credente: «Chi sono io?» e ancor più «chi sono per te?».
Occorre dare una risposta che tocchi la propria esistenza, che sorga dalle fenditure della vita.
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