Amerai il Signore tuo Dio, amerai il prossimo tuo

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».

Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”.

Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

( Mc 12, 28-34)

Commento a cura di Luigi Zuncheddu

Si conclude con questa domenica il mese missionario. «Testimoni e profeti» è stato lo slogan su cui sono state date molte testimonianze e, probabilmente, anche qualche profezia, chissà?

Nel Vangelo di oggi, Gesù afferma che la sintesi della Scrittura fino a lui si trova nelle parole: «amerai dunque il Signore Dio tuo» e «il prossimo tuo come te stesso». 

Dopo quei primi giorni a Gerusalemme, avvicinandosi la Pasqua, la sintesi è: «amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato».

Ai tempi di Gesù, i rappresentanti ufficiali della religione ebraica erano preoccupati dell’apparenza, della quantità degli olocausti e dei sacrifici nel tempio, dei filatteri e delle frange.

Nei racconti evangelici, Gesù appare spesso in aperto contrasto con gli scribi e i farisei, con gli uomini delle leggi e delle 613 norme da praticare per essere considerati veri osservanti della volontà di Dio, tanto da entrare in contrasto – per esempio – con uno dei dieci comandamenti, che si riferisce alla cura del padre e della madre, senza alternative, neanche quelle dell’offerta al tempio (cf. Mc 7,9-13).

Gesù, il profeta, non incentiva le chiacchiere e le perdite di tempo in nome dell’interpretazione autentica di riti o rubriche tipici delle religioni, ma indica – senza se e senza ma – l’essenziale della fede d’Israele, contenuto in parte della Scrittura che le Chiese cristiane hanno ereditato dagli Apostoli.

Si potrebbe dire, con l’apostolo Pietro che è accetto a Dio «chi lo teme e pratica la giustizia», a qualunque popolo, religione o credo, appartenga (cf. Atti 10,34-35).

Per essere di Cristo è necessario fare come lui ha fatto, dire come lui ha detto, pregare come lui ha pregato, amare come lui ha amato: questa è la norma.

La pratica religiosa, anche quella cristiana, soggiace a questa regola: se non si è disposti a perdere la propria vita con i suoi beni, e darli ai poveri; se non si vuole rinunciare al potere per fare un’opzione netta per il servizio nella comunità; se non si è in grado di andare controcorrente e gridare al Cristo che passa «Maestro, che io veda»: non si capisce cosa vuol dire che, comunque, tutti si ama Dio e il prossimo.

Tuttavia, Gesù chiede «siate perfetti» nell’amare Dio e il prossimo. 

È un imperativo essere missionari, testimoni e profeti del nostro tempo, nel nostro tempo, per il nostro tempo.

Poche chiacchiere, molta concretezza. Da Caino e Abele in poi o si è «Fratelli tutti» o si è «Nemici tutti».

Per esempio, un po’ di cristiano volontariato sarebbe utile?

La giustizia divina, espressa in modo chiaro e completo nella croce di Cristo, richiede dai suoi discepoli uguale fedeltà e dedizione, perché l’amore con cui egli ha amato sia il punto di confronto per tutti quelli che vogliono essere (non apparire) come lui.

«Non sei lontano dal regno di Dio», dice Gesù allo scriba che aveva «risposto saggiamente»; quindi, sei vicino. Vicino, ma non ancora dentro.

Sei un invitato a pranzo, ma non mangi; sei tifoso, ma non giochi la partita; vai al concerto, ma non canti.

«Nessuno aveva il coraggio di interrogarlo», non c’erano altre domande né scuse da presentare per giustificare il proprio abbandono della strada giusta.

Gesù aveva riportato tutti nel campo della Parola per affermare l’amore a Dio e al prossimo, quale esperienza fondamentale della fede, e per prepararli alla testimonianza e alla profezia del «dare la vita in riscatto per molti».

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