Tradizionalmente dedicata alla celebrazione della Giornata mondiale di Preghiera per le Vocazioni, la IV Domenica di Pasqua è chiamata anche la «Domenica del Buon Pastore», in quanto il Vangelo che viene annunciato, in tutti e tre i cicli liturgici, riporta un brano dell’evangelo di Giovanni in cui il Cristo si rivela come il Pastore del gregge, il pastore bello e buono che dà la vita per le pecore (Gv. 10, 11).
Si tratta dell’annuncio Pasquale per eccellenza, in quanto richiama la realtà dell’amore del Padre che trasmette la sua stessa vita attraverso il sacrificio di Gesù e la potenza della Risurrezione che trasforma, illumina e rende nuova ogni realtà.
È il Signore che dona la vita vera, attraverso la chiamata ad una unione intima, profonda e personale con Lui: è una conoscenza unica, un appello nominativo attraverso il quale Gesù invita a seguirlo. Stiamo parlando della realtà della vocazione cristiana che si manifesta in una comunione unica con il Signore, un’intimità ricca di luce e di gioia.
Nel suo messaggio per la Giornata odierna, il Santo Padre sottolinea come tale chiamata alla gioia si ponga alla base della vita, da concepire non come la somma di una serie di eventi casuali, ma, cristianamente, come un cammino guidato dalla Provvidenza del Padre, che continuamente svela e propone il suo disegno d’amore per il cammino di vita personale e comunitario.
Ogni uomo e donna di ogni tempo è depositario di una vocazione divina, che il Signore manifesta e propone secondo la logica dell’Incarnazione, facendosi compagno di viaggio lungo le strade, talvolta polverose, della vita, e raccogliendo il desiderio nostalgico d’amore e di felicità di ciascuno, per trasformarlo in una chiamata alla gioia: ma come comprendere la chiamata di Dio?
Il Papa indica una ricetta profonda ed essenziale, a partire dalla contemplazione della stessa vocazione di Gesù, attraverso tre verbi: ascoltare, discernere e vivere. Ogni vocazione nasce dall’ascolto, vero e profondo, attivo ed empatico, delle molteplici modalità attraverso le quali il Signore si manifesta: Dio viene in modo silenzioso e discreto, senza imporsi alla nostra libertà, per cui spesso il chiasso del quotidiano impedisce di ascoltarlo.
È necessario dunque ricordare che il Regno cresce senza far rumore e attirare l’attenzione (cf. Lc 17, 21) e i suoi germi si possono cogliere solo attraverso uno sguardo profondamente spirituale che si apra, come nella vicenda del profeta Elia, all’impercettibile soffio della brezza divina (cf. 1 Re 19,11-13).
Dammi, Signore, un cuore che ascolta dovrebbe diventare una preghiera personale incessante: la richiesta di un cuore sapiente che ascolta in primo luogo la Parola di Dio, e si fa condurre attraverso un percorso di discernimento spirituale, che si configura come un processo con cui la persona arriva a compiere, in dialogo con il Signore e in ascolto della voce dello Spirito, le scelte fondamentali, a partire da quella sullo stato di vita.
Ascolto e discernimento diventano dunque l’allenamento del cristiano a leggere in profondità dentro la vita e la storia, per comprendere dove porre i propri passi per vivere attivamente, oggi, la propria chiamata, attraverso la quale Gesù coinvolge ognuno nella propria missione, a partire dalla chiamata a essere interamente e per sempre consacrati a Dio e al servizio dei fratelli.
È questa una chiamata bella da accogliere come una grande grazia, della quale non bisogna avere paura, e a cui rispondere con un generoso “eccomi”.
Michele Fadda – Direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale vocazionale
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