Il coronavirus ha modificato le nostre abitudini. Chiusura di scuole, centri commerciali e locali di intrattenimento e viene esclusa qualsiasi forma di aggregazione.
Dobbiamo stare a casa! Per la nostra sicurezza e per quella degli altri. Come genitori ci impegniamo a fare in modo che i nostri figli non siano ingurgitati dalla noia data da questa reclusione forzata.
E allora organizziamo attività di diversa natura e le tecnologie e il web fanno da padroni (o quasi).
Tutto positivo, almeno teoricamente, ma! Alcuni autori individuano quali ragioni sottostanti all’impegno nei social proprio l’evitare stati emotivi come la solitudine e la noia.
Per loro non c’è spazio poiché anche quei momenti nei quali potrebbero trovare espressione vengono occupati dagli smartphone.
Lo psicoanalista Adam Phillips scriveva che la capacità di annoiarsi permette di crescere, perché dà la possibilità di contemplare la vita, di analizzarla piuttosto che corrervi attraverso senza soffermarsi a pensare a ciò che succede.
Non preoccupiamoci eccessivamente della noia dei nostri figli! È indubbio che a seconda dell’età abbiano bisogno di un accompagnamento da parte degli adulti nella gestione del tempo.
Che la tecnologia aiuti a restare in contatto con gli amici e i parenti è risaputo, ma probabilmente mai come in questo periodo di emergenza può rappresentare una valida alternativa al contatto fisico tra le persone, ovvero a quanto manca in questo momento.
Ed ecco videochiamate, videoconferenze, messaggi in chat…! E per i bambini e per gli adolescenti (ma non solo) i giochi online e i social network quali piazze virtuali di incontro, di confronto e di passatempo.
Il rischio c’è: quello di essere travolti da una overdose digitale, da una tempesta di suoni, colori, informazioni più o meno veritiere (stiamo attenti alle fake news che circolano sul coronavirus) che i nostri giovani non sanno gestire. È fondamentale il nostro impegno come genitori nel favorire una «dieta digitale».
Gli schermi devono essere introdotti nei tempi e negli spazi più corretti tenendo conto dello sviluppo dei bambini e degli adolescenti in modo che raggiungano il proprio peso-forma nell’utilizzo della tecnologia.
È utile che i genitori definiscano dei luoghi liberi da smartphone e internet come, ad esempio, la camera da letto.
Nello specifico, due fenomeni a cui prestare attenzione sono il «Vamping» (rimanere svegli o svegliarsi di notte per inviare messaggi, pubblicare foto o commenti sui social) e il «Binge watching» (le abbuffate di serie tv, spesso tra l’altro non adatte alla loro età). È importante promuovere dei momenti no-smartphone nei quali tutta la famiglia è riunita come, ad esempio, durante i pasti.
In questi giorni circola nel web una frase che, seppur usata in toni divertenti, ci può far riflettere: «Sono rimasto a casa con la mia famiglia! Sembrano brave persone».
Guardiamoci negli occhi, ascoltiamoci e utilizziamo questo momento critico a nostro vantaggio, a vantaggio delle relazioni… a debita distanza si, ma vicini!
Simone Gargiulo – psicologo
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