Maria di Magdala davanti alla tomba vuota piange e cerca il cadavere di Gesù, per trattenere un passato da cui non riesce a staccarsi. Il suo nome, Maria, pronunciato con amore penetrante da Gesù risorto, la costringe a «voltarsi», voltarsi verso una nuova luce, quella del primo giorno della nuova creazione. Gesù la stacca dolcemente dal passato – «non mi trattenere»- e le indica il nuovo percorso che Lui ha aperto, una strada che sale fino al Padre, «Padre mio e Padre vostro». Gesù ha aperto la strada, cammina avanti, per primo, e chiede ai discepoli di seguirlo.
Così era già avvenuto, quasi un presagio, prima di quella Pasqua, quando uscendo da Gerico «Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme» (Lc. 19,28).
Ai discepoli chiede di tornare in Galilea, la Galilea delle genti, sui confini di Israele e di lì andare in tutto il mondo (Mt.28, 10 e 19). Raggiunge sulla strada i due che vanno ad Emmaus e a tutti chiede di essere testimoni «a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At.1,8).
Dalla tomba vuota partono nuovi cammini, i percorsi della resurrezione: lì avviene l’incontro con il Signore Risorto. Un vero e proprio impatto: ne sa qualcosa Saulo di Tarso. Ciascuno con il proprio carico di sofferenza, di rimorso (Pietro), di rimpianto e di rabbia si scontra con la novità sconvolgente di un Evento tanto vero e reale quanto imprevisto e inimmaginabile.
Le Scritture ne parlavano, «secundum Scripturas», ma chi lo pensava davvero! Eppure Gesù entra, anche «a porte chiuse», condivide, mangia, prepara la mensa. Lo ricorderà bene Pietro in casa del centurione romano Cornelio: Gesù si è manifestato «non a tutto il popolo ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua resurrezione dai morti»(At.10,41). Non la manifestazione eclatante e fantasmagorica sulla grande piazza, come insinuava il tentatore che aveva portato Gesù sul pinnacolo del Tempio, ma la condivisione della vita sulla strada e intorno alla mensa.
I racconti pasquali sono ancora una volta un invito: venite e vedrete. Tommaso, non essere incredulo ma credente. Fidati! La Veglia Pasquale è tutta un invito a mettersi in cammino, in esodo passando attraverso l’acqua del Battesimo. La liturgia della domenica di Pasqua ci porta accanto alle titubanze delle donne e dei pochi discepoli che vanno al sepolcro, nel silenzio del primo mattino, per vivere il passaggio dalla paura e dalle esitazioni alla gioia di una Presenza ritrovata, nuova e più reale di prima.
Quali cammini di risurrezione oggi per noi? Anzitutto nel mistero del nostro cuore, vivendo il passaggio dalla nostra miseria alla Misericordia che ci solleva, ci guarisce e ci dà gioia. Ma l’annuncio del Risorto va portato anche sulle piazze, in una società che troppo spesso vive rassegnata e ripiegata sul passato, oppure disorientata e senza speranza.
Abbiamo bisogno di percorrere vie di risurrezione con i giovani, camminando con loro, ascoltandoli, scoprendo la loro bellezza, aiutandoli ad incontrare Gesù risorto e vivo che va loro incontro sulla strada e intorno alla mensa. Cammini di risurrezione per le famiglie, specialmente quelle maggiormente ferite dalla vita e dai fallimenti, diventando compagni discreti sulla strada di Emmaus, scoprendo la presenza del Risorto prima e al di la di regole e canoni, che sono sì paletti per non andare fuori rotta ma non sbarramenti e ostacoli che rendono impossibile la corsa verso di Lui. Cammini di risurrezione per il lavoro: é problema di tutti e non solo di chi ne è privo, con tante situazioni da sbloccare e buone pratiche da sostenere.
Nei giorni scorsi ho visto un cammino di risurrezione davvero particolare, ad Avendita di Cascia, a due passi da Norcia: una comunità che, con il suo Arcivescovo, si rimette in cammino, nonostante le case (quasi tutte) inagibili, in una diocesi che conta trecento chiese distrutte. Eppure quella gente sta camminando sulla via della resurrezione, sostenuta da tre segni particolari che mi hanno colpito. Anzitutto i loro parroci, tutti lì presenti e tutti rimasti al loro posto nei luoghi del terremoto, l’unica vera presenza mai interrotta.
Come in tante altre situazioni di emergenza, ieri e oggi. Poi mi ha colpito il ricordo vivissimo che hanno di monsignor Alberti. Prima ancora dei discorsi ufficiali varie persone me ne hanno parlato con grande affetto e non mancavano le foto conservate con cura.
Infine il Centro Comunitario offerto dalle Caritas della Sardegna ad Avendita, dedicato proprio a monsignor Alberti: un salone-cappella che per ora è l’unica struttura comunitaria per quel paese e per altri cinque o sei della zona. Per anni i sacerdoti hanno celebrato la Messa in locali rimediati, senza mai arrendersi: lo ripetevano i fedeli con orgoglio e con ammirazione per i loro preti.
Ma quel Centro Comunitario è uno solo e può contenere 150-200 persone. Riusciremo a farne sorgere un secondo per quella zona?
Su queste e su altre strade il Risorto ci attende. Buona Pasqua!
Arrigo Miglio – Vescovo
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