Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto

V Domenica di Pasqua (Anno B)

Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore.

Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Rimanete in me e io in voi.

Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci.

Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

(Gv 15,1-8)

Il commento al Vangelo di questa domenica è affidato don Carlo Rotondo, missionario «fidei donum» a Pawaga, in Tanzania.

Grazie a Emily Madronic per il servizio reso nello scorso numero.

Commento a cura di Carlo Rotondo

«Rimanete in Me e Io in voi»: è l’unico segreto strategico che Gesù ci ha lasciato per vivere in autenticità il cristianesimo.

Trovo la miglior spiegazione a questo invito meraviglioso di Gesù in un proverbio africano: «Lo sforzo ti fa portare il bicchiere alla bocca ma solo la sete ti fa bere». 

L’esperienza di fede del cristianesimo è sete non sforzo.

Abbiamo dato troppo peso all’impegno e agli sforzi: sempre noi i protagonisti, gli attori unici e principali della fede.

La fede dell’io e non del noi, del fare e non dell’essere, del chiedere senza ascoltare, la fede del «fazo tutto mi», la fede della patente a punti, il Paradiso come premio  e non come dono.

Il prezzo di tutto questo è stato un cristianesimo eroso e corroso dagli «…ismi»: clericalismo, moralismo, perbenismo, legalismo, laicismo, lassismo…e chi più ne ha più ne dica.

Ricordo una splendida battuta di quel poeta di Dio che fu David Maria Turoldo, durante gli esercizi spirituali a cui partecipai: «Signore liberaci dalla religione e dacci la fede».

«Rimanete in Me e Io in voi» è fede non religione.

E se la religione è nella dimensione della ragione, la fede ha la sua collocazione più vera e più autentica nella dimensione affettiva. 

Tra gli «epiteti» peggiori che ci siamo creati da soli è esserci definiti: praticanti, osservanti, fedeli.

Titoli freddi, senza passione, senza emozione, senz’anima. 

Il cristianesimo non è la dimostrazione scientifica dell’esistenza di Dio o la mera pratica religiosa ma toccare con mano, e col cuore, che Dio è amore e ama proprio me e solo chi ama conosce Dio dice Giovanni. «Rimanete in Me e Io in voi» è un invito ad innamorarci.

Ed è solo dall’innamoramento che sfocia l’osservanza, la fedeltà e la pratica: «Chi Mi ama osserverà i Miei comandamenti». 

Abbiamo bisogno, e confido sulla lungimiranza del lettore nel leggere ciò che sto per scrivere, di recuperare una dimensione «erotica» della fede nel senso più nobile e profondo del termine Eros.

Ciò significa che una vera esperienza di fede cristiana ti fa sentire le farfalle sullo stomaco, ti fa girare la testa, ti fa …innamorare!

Che c’è di male a dire che mi sono preso una cotta per Dio?

Sì, perché la fede cristiana è «Amoris Laetitia» (gioia dell’amore) e non sforzo di pensiero o ragionamento. 

Dov’è la logica quando t’innamori?

Quando il cristianesimo perde questa «passione» fa l’errore più stupido che possa fare, inizia a contarsi: uno, due, tre…. e iniziano gli sbadigli e il sonno!

«Rimanete in Me e Io in voi» è l’invito rinnovato di Dio che ti da appuntamento nel deserto per parlarti cuore a cuore. Ma noi, cocciuti, usiamo solo la testa per essere «buoni» cristiani (le virgolette son d’obbligo). 

Quale interesse può esserci se siamo un miliardo e mezzo, forse due, di cristiani, ma manca l’«Amoris laetitia»? 

La forza del cristianesimo non sono i numeri ma l’amore.

Lo hanno dimostrato 2000 e più anni di storia della Chiesa: dove il comune denominatore tra santi, beati, martiri, testimoni ed esempi positivi di comunità è stato soltanto e principalmente l’amore in tutte le sue forme e dimensioni. 

«Rimanete in Me e Io in voi» è una dichiarazione d’amore non una legge morale. Gesù, missionario del Padre, ci chiama, ci corteggia, ci seduce: AAA. cercasi cuori.

Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto.

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