Per noi cristiani, trasformati dal profondo grazie all’annuncio e all’accoglienza della «buona notizia» di Gesù, la comunicazione ricopre un’importanza fondamentale. E la Chiesa ce lo ricorda di anno in anno celebrando una giornata che pone al centro della riflessione proprio l’attività comunicativa a partire dalla molteplicità dei mezzi a disposizione, dal ruolo che esercitano i «comunicatori», e dall’azione-reazione di tutti coloro che sono fruitori delle attività comunicative. Eccoci, quindi, a celebrare la 51esima Giornata mondiale delle comunicazioni lasciandoci condurre nella riflessione dalle parole del Pontefice che, come di tradizione, ci ha consegnato un messaggio che quest’anno ha come tema «Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo».
Giustamente Francesco pone in evidenza come l’uomo d’oggi, ogni giorno, sia in grado di conoscere e diffondere tantissime notizie che «possono essere belle o brutte, vere o false». E usa l’immagine della macina del mulino per descrivere il complesso mondo dell’attuale comunicazione, dotata di una pluralità di canali, soprattutto quelli digitali, che consentono a chiunque di assumere un importante ruolo comunicativo. Un ruolo di cui spesso, pur esercitandolo, non si ha piena consapevolezza. In questa grande «macina comunicativa», sottolinea il Papa, si ha «la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania». Ecco quindi la sfida che oggi è lanciata ai comunicatori: saper trovare sempre in ogni notizia, anche tra le più dure e umanamente ripugnanti, un seme di speranza e di fiducia. L’ invito non è rivolto solo agli «addetti ai lavori». Il desiderio di Francesco, infatti, è che questo messaggio possa «raggiungere e incoraggiare tutti coloro che, sia nell’ambito professionale sia nelle relazioni personali, ogni giorno “macinano” tante informazioni per offrire un pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei frutti della loro comunicazione».
Sono, dunque, ben esplicitati i due ambiti in cui siamo invitati a verificare la nostra qualità comunicativa: quello professionale e quello delle relazioni personali. E soprattutto il secondo ambito tutti ci coinvolge. Dobbiamo riflettere, infatti, su come si comunica in famiglia, in parrocchia, dentro i gruppi di riferimento ecclesiale e, perché no, anche nel presbiterio. Quante volte le dinamiche comunicative che instauriamo nei nostri ambienti ci trasformano in «untori di malumore». Lo constatiamo nell’uso dei social, nella comunicazione a senso unico di certe testate, negli atteggiamenti di critica che si insinuano nelle trame della vita comunitaria. Talvolta anche le omelie dei sacerdoti possono cedere il passo alla lagnanza e alle insinuazioni, portando l’orizzonte dell’annuncio verso prospettive ben lontane dai sentimenti di fiducia e di speranza tipici della «buona novella».
L’Ufficio per le comunicazioni sociali della Cei ha scelto una foto molto evocativa per la giornata di quest’anno. Sono raffigurate delle mani che raggomitolano la lana. Una lana probabilmente già usata, non bellissima, poco raffinata. Ma sono mani preziose che, con pazienza, sciolgono gli ingarbugli, che riordinano, che dispongono quei fili affinché possano essere rielaborati per confezionare qualcosa di nuovo e di utile. Anche quando le notizie sembrano contenere solo «lo scarto» della vita è possibile, se indossiamo gli «occhiali del vangelo di Gesù», porsi a servizio di una comunicazione che sia capace di diffondere la certezza che anche «il fallimento può essere il preludio del più grande compimento di ogni cosa nell’amore».
Giulio Madeddu
Direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali
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