L’Isola esce lentamente dalla morsa delle restrizioni da Covid
Un vecchio adagio recita: «La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare».
Mai come negli ultimi tempi, diciamo da oltre un anno, abbiamo sperimentato la bellezza dell’essere liberi, di vivere in un Paese democratico, nel quale lo stato di diritto è una certezza.
Il ritorno in zona gialla dell’intero Paese, Valle d’Aosta esclusa, ci ha dato la sensazioni di riprendere a respirare.
Bar e ristoranti, ma anche i luoghi di cultura e le altre attività, sono finalmente ritornate ad operare in un regime di normalità.
Nei centri della città e dei paesi è un florilegio di tavoli all’aperto e avventori accomodati per consumare quanto bar e ristoranti offrono loro.
Per il settore della ristorazione sono stati mesi difficili e si calcola che almeno tre attività su dieci non riapriranno.
La serrata forzata ha di fatto messo in ginocchio il comparto e in molti non ce l’hanno fatta.
Ai primi di marzo c’eravamo illusi quando, unici in Italia, avevamo conquistato la zona bianca, interpretata come un «liberi tutti».
Ma anche nelle ultime ore, prima dell’allentamento delle restrizioni, gli episodi di inciviltà e scarso senso civico non sono mancati.
Tra i tanti quelli relativi a persone vaccinate che girano prive dei dispositivi di protezione individuali e non seguono le norme.
Le regole sono chiare: alla base ci sono il senso di responsabilità, che nelle ultime occasioni non sembra essere stato l’elemento preponderante, ma soprattutto il fatto che il comportamento di ciascuno si riverbera sulla vita degli altri.
Grande alleata a nostro favore è la vaccinazione: nessuno lo scorso mese di settembre, quando si è iniziato a parlare di vaccini, avrebbe scommesso che in pochi mesi si sarebbe giunti ad un risultato come quello ottenuto dalla ricerca.
I Paesi più ricchi hanno versato cospicue risorse nelle casse dei laboratori di ricerca di tutto il mondo, per raggiungere un traguardo importante: vaccini capaci di contrastare il diffondersi del coronavirus.
Peccato che però la partita sia stata, ancora una volta, vinta dai più forti, e nelle zone più povere del mondo non ci sia ancora traccia di sieri immunizzanti.
Come più volte sollecitato da papa Francesco e anche dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, occorre che il vaccino diventi patrimonio di tutti, sotto il motto di don Milani «ci tengo», quell’hashtag «#icare» che così velocemente si è propagato per l’intero pianeta, iniziativa che ha messo in crisi la finanza speculativa.
Alla proposta di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, di dare corso all’indicazione, giunta da più parti, di liberalizzare i brevetti sui vaccini, le Borse di tutto il mondo hanno segnato una perdita secca a doppia cifra.
Un segno che la finanza speculativa, quella i cui profitti non sono tassati, mentre gli stipendi di qualsiasi lavoratore sono gravati da balzelli, ha tremato per i possibili mancati guadagni.
Se c’è dunque una cosa che questa pandemia ci dovrebbe aver insegnato è che da soli non si va da nessuna parte, che curare solo il proprio orticello non migliora la qualità della convivenza tra le persone.
Siamo in zona gialla e dal 1 giugno, con grande prudenza, saremo zona bianca.
Sta a noi muoverci con grande prudenza e con senso di responsabilità.
In caso contrario sappiamo già cosa ci aspetta: la libertà ci verrà nuovamente ridotta e ci mancherà l’aria.
Roberto Comparetti
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