Datevi da fare per il cibo che rimane per la vita eterna

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù.

Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbi, quando sei venuto qua?».

Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».

Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?».

Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».

Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mose che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».

Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». 

(Gv 6, 24-35)

Commento a cura di Walter Onano

Ad alcuni studenti fu fatta questa domanda: «Se Gesù tornasse su questa terra, cosa fareste?».

Furono molte le risposte superficiali, ma un ragazzo riflessivo e buono rispose semplicemente così:

«È inutile aspettare Gesù: Lui c’è già, da sempre è con noi! Beato chi tra noi ha occhi limpidi per vederlo, cuore puro per amarlo!».

In questa XVIII domenica del Tempo Ordinario la Liturgia ci propone ancora la lettura del 6° capitolo del Vangelo di Giovanni, che ci parla dell’Eucaristia.

Il brano costituisce la spiegazione del discorso di Gesù, del segno della moltiplicazione del pane di cui abbiamo letto il racconto nella domenica precedente.

Veniamo provocati ad una scelta decisiva per Lui e con Lui, la risposta del ragazzo sopra riferita non ci dà scampo: Lui è con noi! Noi siamo con Lui?

Lo amiamo con cuore puro e limpido come il suo?

Rispondiamo a questo suo amore imperituro?

Che fare?

Spiegando il miracolo della moltiplicazione del pane e dandogli il suo vero significato, il brano odierno, porta a termine il tema di Dio che nutre il suo popolo.

Qui lo nutre con la persona del suo stesso Figlio, sul quale ha messo il sigillo della proprietà e della protezione divina.

La fede in Gesù è la via per nutrirci di questo pane che è Lui stesso e per assimilarci vitalmente nella propria attività.

Infatti, nel nostro essere schizzinosi con Dio e con il suo banchetto, la fame ci fa più arrendevoli e di buona bocca.

Quando la fame ci costringe si diventa più accomodanti.

Ci si adatta. 

È la pena per aver abbandonato Dio Padre e il pane quotidiano che Egli può darci, ma è anche una ricerca nuova di Lui, un’invocazione dal profondo a Colui che solo può dare realtà e sapore ai cibi.

Sia così anche per noi. 

Allora sapremo vivere l’Eucaristia e accostarci ad essa in santità di vita.

La nostra fame sarà sazia. In abbondanza.

Ecco le opere che il cristiano è chiamato a realizzare nella vita, secondo il pensiero del Maestro: la fede in Lui, ossia il personale coinvolgimento nel seguirlo, è un dono che viene dall’alto, ma allo stesso tempo è un’opera che ci viene affidata.

Diventare discepoli di Gesù, coinvolgersi con Lui è come un lavoro; richiede infatti ascolto, decisione, applicazione, continuità, impegno e fatica.

«Io sono il pane di vita».

Così Gesù si rivela a chi ha un bisogno grande, ma ancora confuso; che anela una risposta, ma non riesce a trovarla. I

n tutte le civiltà il pasto è una realtà con una dimensione religiosa.

Condividere la mensa è creare vincoli sacri.

Gesù precisa meglio, di fronte alle obiezioni dei suoi ascoltatori, l’insegnamento sull’Eucarestia: essa ci colloca e ci mantiene nell’intimità del Signore, e depone in noi un germe di vita eterna.

C’è chi ha voluto vedere nelle braccia di Gesù in croce spalancate sul mondo un’immagine plastica della volontà di offrirsi totalmente all’umanità.

L’auto-consegna più incredibile, un Dio che ama senza risparmio, senza condizioni.

Il Figlio placa la fame di vita di tutti, offrendo sé stesso.

La sua carne, cioè la sua persona, è l’unico cibo per la Vita senza fine, un banchetto simbolo della sorprendente alleanza con l’umanità. 

Amare e servire, stare insieme nella gioia, mangiare insieme il pane, cibo fondamentale per l’esistenza e il vino della festa.

È la vita di Gesù, pane disceso dal Cielo, che rovescia la vecchia prospettiva religiosa, secondo la quale gli uomini cercano confusamente Dio e talvolta credono di averlo raggiunto.

Qui è Dio stesso che scende dal suo Cielo e raggiunge l’uomo con una proposta sconvolgente. 

Non siamo noi che invitiamo Gesù a mangiare con noi, ma è Egli stesso che invita a mangiare il suo Corpo e bere il suo Sangue per rimanere con noi. Un disegno partito da lontano: Dio che si fa uomo, Parola che si fa carne, Figlio che si fa Pane.

Cielo e terra definitivamente vicini.

Il punto di incontro è l’Amore: corpo offerto per sempre.

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