Il voto europeo e amministrativo ha registrato bassi tassi di partecipazione
Disertori delle urne.
Lo avevamo auspicato nello scorso numero ma le urne hanno dato ragione alle Cassandre: la percentuale dei votanti è rimasta sotto la soglia del 50 per cento e in tanti hanno disertato i seggi.
Così anche la tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo ha visto pochissimi aventi diritto recarsi alla sezione assegnata per esprimere il voto.
Lo scorso 6 giugno in tanti hanno scritto e pontificato sul «D Day»: 80 anni fa in Normandia le truppe angloamericane sbarcarono sul Continente europeo per liberarci dalla dittatura nazi-fascista.
I decenni di libertà e pace vissuti, finora, sono stati resi possibili grazie a chi ha dato la vita per restituirci la libertà, quella stessa che ci permette oggi di andare, senza forzature, a votare i candidati che si presentano.
Il sociologo Giuseppe De Rita, intervistato oltre un anno fa da «Il Mattino» di Napoli sul tema dell’astensionismo degli italiani, aveva parlato di una mancanza di fiducia nella politica e in chi oggi la interpreta.
Oltre a questo, secondo De Rita, manca, nell’italiano medio, la spinta dell’ondata emotiva.
«Noi – ha detto il sociologo – siamo sempre andati avanti per ondate emotive, ideologiche, politiche e abbiamo registrato picchi di partecipazione legati a queste ondate».
Il problema è che queste ondate sembrano scomparse da tempo.
Il non recarsi alle urne è un scelta anti-sistema, che fa il gioco degli estremismi, pronti a raccogliere il malcontento, veicolandolo verso crinali che preoccupano anche la Commissione degli Episcopati cattolici dell’Unione europea (Comece).
«Una bassa affluenza alle urne – scrivono – combinata con il forte aumento dei partiti nazionalisti ed euro-scettici, soprattutto nei Paesi fondatori dell’Unione europea, manifesta una forte insoddisfazione per la performance dell’Ue».
«I risultati di queste elezioni – afferma la Comece – spingono tutti noi, in particolare i neoeletti eurodeputati e i futuri commissari, a lavorare per ridurre il divario percepito tra l’Unione europea e i suoi cittadini e a dare risposte adeguate alle loro reali preoccupazioni».
In tempi di antipolitica e di disaffezione alle urne, occorre mettere in campo da un lato più politica, più cittadinanza attiva, dall’altro un cambio di passo per chi si assume l’onere di rappresentare il popolo nelle Assemblee elettive.
C’è di fatti una crasi tra cittadini e istituzioni, una distanza che al momento sembra non volersi colmare e che si manifesta con la lontananza dai seggi.
Quella distanza si può e si deve superare con una sempre più attiva partecipazione: lo slogan «tanto non cambia nulla» è utile solo a chi non vuol cambiare le cose e vuol mantenere rendite di posizione acquisite, che consentono la sopravvivenza delle proprie consorterie.
Chi ha a cuore le sorti della propria città, del proprio quartiere o del proprio paese non può delegare in bianco o addirittura non partecipare al voto, stando lontano dalle urne.
De Rita auspicava la necessità di provare, sperimentare e rischiare, per cercare di cambiare rotta: a distanza di un anno nulla sembra essere cambiato, anzi il numero dei «disertori» è cresciuto.
Ostinatamente crediamo occorra impegnarsi per superare la diserzione dalle urne.
In questo senso la prossima Settimana sociale dei Cattolici italiani, richiama tutti a ritornare «Al cuore della democrazia», che è anche fatto di partecipazione.
Disertori delle urne.
Roberto Comparetti
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