Il regno di Dio è come un granello di senape

XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce.

Come, egli stesso non lo sa.

Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?

È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere

Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

(Mc 4,26-34)

Commento a cura di Rita Lai

Il capitolo 4 contiene il primo grande discorso di Gesù in Marco: l’altro sarà al capitolo 13, il discorso escatologico. Questo è il discorso parabolico, che comprende cinque parabole:  le nostre due occupano i versetti 26-32, precedute da quella del seminatore (3-9), la sua spiegazione (10-20), quella della lampada (21-23),quella della misura  (24-25).                                                                                                                                        

Nei versetti 26-29 la parabola del seme che cresce da solo, nei versetti 30-32 quella del granellino di   senape.

La parabola, con la sua veste di analogia che serve all’autore per trasmettere una verità, sottende in questo capitolo il tema del regno di Dio.

Ossia il significato reale delle parabole di questo capitolo è il regno di Dio, che in Cristo si è già fatto vicino, come lo stesso Vangelo di Marco ha ricordato fin dall’inizio (Mc 1,14).

Ma nel linguaggio figurato delle parabole c’è un altro valore che incide sulla vita reale del discepolo, a seconda dell’accoglienza o del rifiuto dell’uomo.

Ed è qui che si gioca il significato vero di questo Vangelo. 

La categoria della libera scelta dell’uomo dinanzi alla proposta gratificante ma gratuita di Dio, che domenica scorsa abbiamo sentito entrare nella categoria dei peccati contro lo Spirito Santo, se male orientata, oggi ritorna in primo piano in questo discorso parabolico confortante e liberante.

Nella terza e nella quarta parabola cogliamo i frutti del Regno: il seme che porta frutto da solo (parabola propria di Marco), il piccolo seme che diviene l’albero più grande. 

L’uomo fa la sua parte, semina, pone la sua opera, e questa sua collaborazione attiva e piena rientra nei piani di salvezza di Dio.

Ma quella Parola ha una forza che sfugge al controllo dell’uomo, più grande di lui, indipendente da lui.

Qualunque cosa egli faccia, collabori o no, dorma o vegli, quella forza permette alla parola di crescere. 

La crescita del seme non è affare dell’uomo. «Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme cresce…»: l’uomo non se ne deve occupare.

Nel senso che si deve fidare: c’è Qualcuno più grande di lui, che guida gli eventi, conduce la storia con le armi della Provvidenza e del perdono.

E questo permette al seme di dare frutto. Strano paradosso: l’uomo è rispettato e insieme coinvolto da Dio senza riserve, senza che mai la sua autonomia sia compromessa, la sua dignità calpestata. In altre parole, è richiesta la sua collaborazione, ma insieme questa si sposa con una forza della Parola stessa che rimane indicibile e inspiegabile. 

La stessa forza è quella che permette al seme più piccolo di divenire l’albero più grande.

Già nella logica del seme / albero c’è come una sorta di incanto: lo stesso che coglie chi fa scorrere tra le sue mani i piccolissimi granelli di senape e riposa sotto l’ombra generosa di un albero grande e accogliente. 

Ma questa dinamica non si chiama forse speranza?

Proprio quando tutto sembrava perduto…

Ancora in questo grande passaggio, si pone una osservazione: la differenza tra l’annuncio ai discepoli e quello ai più intimi: i più vicini hanno una spiegazione totale, su tutto; gli altri vedono ma non tutto e non sempre.

C’è una gradualità anche nella rivelazione: anche qui la delicatezza di Dio rileva e si sposa con la libera scelta dell’uomo.

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