L’alluvione ha riproposto il problema del dissesto del territorio
L’allerta era stata lanciata ma nessuno avrebbe mai immaginato una situazione come quella che si è verificata lo scorso fine settimana in Sardegna. Un vero e proprio ciclone si è abbattuto su diverse parti dell’Isola, con conseguenze drammatiche a Bitti, nel nuorese.
Qui tre persone hanno perso la vita mentre il paese è stato sommerso da fango e detriti, complici precipitazioni costanti che hanno ridato vita ai corsi d’acqua tombati.
Sette anni fa
Già sette anni fa, quando il famigerato ciclone «Cleopatra» si era abbattuto sull’Isola, il centro del nuorese aveva subito gravi danni: sabato scorso il copione si è purtroppo ripetuto ma con conseguenze disastrose.
Il sindaco del paese, Giuseppe Ciccolini, ha ammesso che il piano elaborato per mettere in sicurezza il paese dopo il passaggio del ciclone «Cleopatra» si è dimostrato insufficiente a evitare quanto accaduto sabato.
Bitti
Il canale tombato è saltato perché l’acqua ha cercato spazio nel suo alveo naturale, travolgendo quanto l’uomo aveva costruito: le immagini mostrate da Tv e giornali lo hanno dimostrato.
Occorre quindi un cambio di prospettiva e un serio piano a lungo termine capace di mettere in sicurezza il territorio, alla luce dei fenomeni meteorologici estremi che si stanno ripetendo negli ultimi anni.
I dati
Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente tra il 2010 e il 2020 l’Italia è stata colpita da 946 fenomeni meteorologici estremi, dovuti al cambiamento climatico, che hanno coinvolto più di 500 comuni.
Numeri in costante crescita e che non accennano a rallentare, mentre l’Italia è tra i pochi Paesi Ue a non aver messo a punto un piano d’adattamento al clima.
Protezione civile
Un’indicazione che già nel 2013 l’allora Capo del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, Franco Gabrielli, forniva in audizione alla Camera dei Deputati. «Occorreranno anni e anni – disse – per la messa in sicurezza del territorio e inizio ad avere seri dubbi che arrivi una risposta in tempi brevi. Pertanto, anche in questa sede, sottolineo l’importanza dell’impatto sociale del sistema di protezione civile, altrimenti continueremo a contare i morti».
A distanza di sette anni nulla o quasi è stato fatto.
In Sardegna
Basti pensare che il ponte di Oloé, sulla provinciale Oliena-Dorgali, è stato ripristinato lo scorso gennaio, a oltre sei anni dal crollo, costato la vita all’agente di polizia Luca Tanzi.
Ad Olbia, graziata dal ciclone lo scorso fine settimana, non è stato ancora individuato definitivamente il progetto per la messa in sicurezza della città. Nel frattempo però i residenti dei quartieri a rischio tremano ad ogni pioggia più abbondante della media.
Non sta meglio Pirri, che continua a sperimentare allagamenti di strade e abitazioni, senza che sia stata individuata una soluzione definitiva, capace di evitare danni da migliaia di euro a residenti ed attività commerciali.
La prevenzione
In realtà quel che manca è una vera cultura della prevenzione. Si stima che negli ultimi anni siano stati spesi quasi 2 miliardi di euro per ristoro dei danni per eventi calamitosi e solo 300mila euro per la prevenzione.
«Manca una diffusa cultura di protezione civile – diceva ancora Gabrielli nell’audizione del 2013 – e considero criminale consentire l’abitabilità di seminterrati in zone a rischio inondazione».
Errare è umano, perseverare è diabolico.
© Copyright Il Portico