Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Commento a cura di Franco Puddu
I discorsi di Gesù nel Vangelo di Matteo iniziano con le Beatitudini nel discorso programmatico della montagna e terminano con la parabola del giudizio finale nel discorso escatologico.
Prima ci sono i racconti dell’infanzia e la predicazione del Battista, le tentazioni e il battesimo. Dopo il racconto della passione, morte e apparizioni di Gesù.
L’evangelista ha posto in relazione la proposta di un programma e la sua verifica, la scommessa di vita del discepolo del Signore e la realizzazione concreta nei fatti, elencati con chiarezza nella prossimità alle categorie di indigenti del tempo: gli affamati e gli assetati, gli stranieri e i denudati, gli ammalati e i carcerati. Ogni tipo di società, magari, è capace di crearne di nuovi, sia come conseguenza di politiche improvvide sia come terminale della catena degli sfruttamenti economici, più o meno camuffati dalle ideologie politiche o religiose.
L’appartenenza al Regno, nel tempo della storia terrena e completa nel tempo futuro, si gioca sulla concretezza dei fatti, non sulla dichiarazione di intenzioni, né semplicemente sugli affetti o sdolcinature religiose! «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21).
L’invito è bello e forte: «Venite», dice il Figlio dell’uomo, il Re crocifisso che ha pur patito fame e sete, nudità e persecuzione, ai «suoi fratelli più piccoli» che sono stati assistiti nelle loro miserie e riflettono l’identità della sua persona.
La visibilità della presenza di Dio in Gesù Cristo si perpetua nelle opere che sono a lui gradite. Nel vangelo di Giovanni e nell’Apocalisse le «opere» identificano ciò che Dio fa e ciò che il credente fa ugualmente, sempre per rendere migliore la dignità di ogni persona umana.
Le relazioni interpersonali ma anche quelle delle istituzioni, compresa la Chiesa, hanno valore nella verificabilità delle «opere». L’accoglienza nel Regno è universale, non è esclusiva dei cristiani o dei credenti, è per «tutti i popoli»: la conta si fa sulla concretezza delle «azioni» che promuovono il Regno! Il privilegio del credente sta nel fatto che egli conosce l’annuncio. Quanto al sapere il Vangelo ha una responsabilità maggiore, magari trainante.
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