«La Luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta».
Così l’evangelista Giovanni, nell’Inno che fa da prologo al suo Vangelo, ci annuncia che Gesù è la Luce.
Cogliamo in queste parole il simbolismo profondo delle luci natalizie che illuminano le lunghe notti di questo periodo ma siamo richiamati al tempo stesso al dramma della lotta tra la luce e le tenebre.
Non l’hanno vinta la luce, ma la circondano senza tregua e talora sembrano ancor più minacciose. Dio è luce, dice ancora Giovanni nella sua prima Lettera, e in lui non vi sono tenebre. E poi prosegue: Dio è Amore. Luce e Amore!
Il dramma della lotta tra la luce e le tenebre è il dramma dell’Amore: le sue tenebre si chiamano cinismo e solitudine, dell’uomo e dell’intera umanità.
Ma anche queste tenebre non hanno vinto l’Amore. La luce di Natale illumina l’Amore: anche qui una lotta, come la luce contro le tenebre.
La terza parola profondamente natalizia è la Pace: «Pace agli uomini amati dal Signore”, amati con la forza della Sua buona volontà verso di noi.
Questa parola ha accompagnato i pastori di Betlemme, svegliati nella notte da una grande luce.
Anche la Pace ha le sue tenebre che la circondano, le tenebre di chi vuole prevalere e schiacciare, ma neppure queste la possono vincere.
Tre parole, Luce, Amore, Pace, che sembrano fatte apposta per l’Albero di Natale e destinate a coltivare il soffuso clima natalizio, ma in realtà tre parole drammatiche che irrompono con forza proprio nel cuore del Natale, per chiederci di essere vigilanti, di non confondere la luce con le tenebre, di non aver paura di fare le scelte che permettono alla luce, all’amore e alla pace di manifestarsi non come sogni natalizi di una notte all’anno, ma come progetti di Dio già presenti in mezzo a noi, affidati a noi quando prendiamo tra le nostre braccia il Bambino.
Al termine della sua missione terrena Gesù ripeterà ai discepoli: «Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo» (Gv.16,33), parlando di quel mondo che li farà soffrire e li perseguiterà. Gesù parla di una vittoria già sua, già sicura, non solo di una speranza o di un auspicio.
Natale dunque non tanto come pausa, per dimenticare i problemi più gravi, un giorno di «poesia» prima di tornare con “realismo” alla vita quotidiana, ma come tempo per vederli in una luce nuova, quella giusta, che ci incoraggia a non rimandare o peggio a ritenere impossibile costruire progetti di pace e di amore solido.
Questo allora è l’augurio per un Natale che non ci lasci troppo tranquilli, scomodo ma pieno di fiducia, con la gioia dei pastori, la gioia di rimetterci in cammino per un progetto che Gesù ha già fatto suo e continua ad offrirci in dono perché diventi vita quotidiana.
Le mille iniziative di bontà che caratterizzano il Natale non sono dunque luci effimere, per una notte, ma segni di quella luce che le tenebre non potranno mai vincere.
+ Arrigo Miglio – Vescovo
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