Lucio Brunelli, 67 giornalista, ha raccontato l’attività dei papi come «vaticanista» del Tg2 (1995-2014), diventando poi direttore per l’informazione a Tv2000 e Inblu Radio (2014-2019. Ha di recente dato alle stampe «Papa Francesco. Come l’ho conosciuto io», edito dalle edizioni San Paolo.
Come e quando nasce il rapporto personale con il cardinal Bergoglio?
Nasce otto anni prima dell’elezione, nel 2005, a casa di amici romani del cardinale Bergoglio, Gianni Valente e Stefania Falasca. Avevo già sentito parlare di lui da un amico uruguayano ed ero rimasto incuriosito e affascinato: mi parlava di un vescovo che rifiutava ogni forma di mondanità, si muoveva con i mezzi pubblici, frequentava le ‘città della miseria”, le malfamate baraccopoli dove opera un gruppo di sacerdoti coraggiosi che Bergoglio sosteneva ed amava.
Quindi ero curioso di conoscere questo cardinale atipico. Me lo immaginavo così ieratico che temevo di non riuscire a proferire parola al suo cospetto.
Invece scoprii un uomo alla mano, mite, con uno stile di vita molto sobrio ma non ‘musone’, anzi capace anche di sorridere delle cose con lievità. Più tardi ci confidò che tutti i giorni recita la preghiera con cui san Tommaso Moro chiedeva al Signore il dono dell’umorismo.
E che considera l’umorismo l’espressione umana più vicina alla Grazia.
Una volta eletto Bergoglio sembra non aver mostrato cambiamenti nel suo essere essenziale e diretto.
Lo abbiamo visto tutti, fin dal suo primo “Buonasera”. Un approccio familiare, “uno di noi” diceva la gente che affollava san Pietro.
Nel mio piccolo posso testimoniarlo anche io.
Pensavo di non vederlo più dopo l’elezione e di non ricevere più sue telefonate o mail. Non è stato così, con mia grande sorpresa e gioia.
Mantenere questo stile essenziale e diretto, da Papa, non è sempre facile.
Il governo della Chiesa centrale è una macchina complessa, le relazioni con gli stati a volte sono complicati, è facile sbagliare. “Siate astuti come i serpenti e semplici come le colombe” è la raccomandazione di Gesù ai suoi discepoli. Mantenere questo equilibrio tra candore e scaltrezza è un dono, e mi sembra che papa Francesco lo chieda tutti i giorni al buon Dio.
Tra le caratteristiche di Francesco quella di sorprendere sempre tutti, una modalità rivoluzionaria.
Sì, a papa Francesco piace sorprendere. Anche a rischio di scombinare o scompigliare a volte la tranquilla organizzazione della curia romana. A volte è insofferente di fronte alla regola del “si è fatto sempre così”. Ma non credo che a muoverlo sia il gusto di fare il ‘Gian Burrasca’ in Vaticano per vedere poi di nascosto l’effetto che fa.
Le sue sorprese sono piuttosto la metafora del suo rapporto con il Signore, che sorprende sempre l’uomo usando nei suoi confronti una misura che non è la nostra, la misericordia ad esempio. È il “Dio delle sorprese”, come il Papa stesso ama definirlo. E questo corrisponde al nostro desiderio più profondo. Tutto quello che viene da noi non ci interessa, in fondo, perché lo conosciamo già. “Un imprevisto è la sola speranza” dice invece il poeta Eugenio Montale.
E quale imprevisto più grande nella storia di un Dio che assume la nostra umanità? Ecco, le sorprese di papa Francesco mi sembra abbiano questa radice.
A distanza di sette anni di Pontificato come lo vedi oggi, rispetto al periodo in Argentina.
Lo vede invecchiato, ovviamente, con molti più pensieri e anche con tante avversità da affrontare.
A volte subisce contestazioni viscerali che esprimono un odio che si fa fatica a spiegare solo con una diversità di vedute o con argomenti solo razionali. Eppure non perde la sua pace. “Dormo come un legno” ha confidato una volta a Tv2000. Devo dire che il segreto di questa sua profonda pace interiore è la cosa che in questi quindici anni più ho cercato di scoprire.
Sarà perché io, nel mio lavoro, mi stressavo e perdevo il sonno per molto meno. Ma carpire il segreto di quella pace è la cosa che più mi ha interessato. La sua risposta è stata sempre, molto semplicemente, questa: “Io prego…”. La pace che si irradia in un volto, anche nei momenti di tribolazione, non è l’esito di uno sforzo e nemmeno un fatto solo caratteriale.
E’ una grazia, qualcosa che si può solo desiderare e domandare a Dio. Perché senza di Lui, non possiamo fare niente.
Questa non è solo una verità di fede, è una verità profondamente umana, sperimentabile. “Il mio cuore è inquieto finché non riposa in Te”. Francesco è un uomo che prega, e prega in un modo molto tradizionale, col rosario, le novene dei santi, l’adorazione eucaristica. Prega con le labbra e con il cuore. Quando si vive così, tutto coopera al bene, perfino gli errori che anche un papa può compiere e rendono più umili facendo più più intensa la domanda a Dio. Ecco, questo mi insegna – ci insegna – papa Francesco».
Stante la chiusura delle librerie il libro è disponibile in tutte le edicole, in versione economica, e negli store online.
Roberto Comparetti
© Copyright Il Portico