Per anni leader della Cisl, con anche alle spalle un’esperienza in Parlamento, oggi Savino Pezzotta è spesso relatore di convegni e incontri formativi per i giovani. Nei giorni scorsi a Cagliari ha partecipato all’annuale convegno della Caritas. «La Sardegna – ha detto a margine dell’appuntamento in Seminario – ha la possibilità di superare il proprio isolamento con le nuove tecnologie, mi riferisco a quelle digitali. In primo luogo perché richiedono meno energia, poi perché è un settore, non stanziale, che richiede più mobilità. Per questo occorre investire in questo comparto, specie con i ragazzi che devono essere formati sulle nuove competenze. La Sardegna, se si immette in questo flusso creato dalla rivoluzione digitale, può trovare risposte ai bisogni dei propri giovani. Se, invece, resta isolata in un mondo globalizzato come quello che stiamo vivendo, è destinata a rimanere chiusa nei confini, con i soliti problemi atavici. Pensare che il confine, la divisione mi salvino non è assolutamente vero, perché i confini sono come la gruviera, piena di buchi».
Resta comunque il problema energetico?
Sicuramente perché questa è una questione seria, senza la cui risoluzione la vostra isola rischia di non farcela. È necessario che chi amministra trovi le soluzioni più efficaci che di certo ci sono.
Qui si è parlato di lavoro e di sviluppo integrale. Come uscire dalla sola logica del profitto?
Siamo passati dalla teorizzazione che eravamo la civiltà del lavoro, specie in ambito industriale, a un’epoca nella quale c’è un non apprezzamento del lavoro. Per questo è necessario ripristinare il senso e il significato del lavoro, del fare, dell’intraprendere, tenendo conto della dottrina sociale della Chiesa che ha come concetto cardine la centralità della persona. Anche la Chiesa è dunque d’aiuto per poter affrontare la rivoluzione digitale in corso, nel rispetto dei diritti che devono essere garantiti. La globalizzazione non è in se un male.
In che senso?
Perché se governata può dare risposte ai bisogni delle persone. Ad esempio nella globalizzazione è contemplata la localizzazione, ma dipende da come anche questa viene attuata. Ci sono aziende che delocalizzano per conquistare nuovi mercati dove inserirsi, altre imprese invece vanno via solo per ridurre il costo della manodopera. La vicenda, nel 2013, del Raza Plaza, uno stabilimento di abbigliamento low-cost ospitato in un palazzo alla periferia di Dacca, il cui crollo ha causato almeno 161 morti e oltre mille feriti, è la testimonianza di una globalizzazione voluta da società europee e americane ai danni di chi lavora, per il solo profitto e per il solo guadagno.
Papa Francesco continua a chiedere il rispetto della dignità e delle prerogative di chi lavora. Come possiamo noi sostenere concretamente questa richiesta?
Senz’altro l’insegnamento di papa Francesco ci sprona a cambiare direzione. C’è un documento di cui in pochi hanno colto l’importanza: la «Laudato si’». A mio giudizio questo documento è la «Rerum novarum» dei nostri tempi, ma l’abbiamo presa alla leggera, forse per arricchire la nostra biblioteca, mentre dovrebbe farci tremare i polsi per quanto dice su liberismo, finanza, sugli attuali modelli economici. È un documento che critica in maniera forte lo stato attuale dell’economia. Per questo è necessario ritornare a un altro modello di economia capace di modificare l’attuale situazione, anche attraverso lo spirito critico che ciascuno di noi può esercitare nelle forme e nei limiti che sappiamo, ad esempio nei progetti di economia civile, di finanza etica. Insomma un’economia che sia centrata sulla persona e sulla relazione umana.
Roberto Comparetti
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