Parlano i cittadini ucraini che vivono in Sardegna.
Sentirsi ancora più uniti nella sofferenza della guerra, la preoccupazione per il futuro ma anche l’orgoglio verso il proprio Paese che reagisce alla violenza.
Sono i racconti che emergono nella comunità ucraina greco-cattolica di Cagliari, che domenica scorsa si è riunita nella Cappellania San Demetrio Martire presso la Chiesa di Santa Restituta, accogliendo l’invito del cappellano Padre Vasyl Panivnyk a partecipare alla preghiera per la pace in Ucraina «in comunione fraterna con la Chiesa di Cagliari e con l’arcivescovo monsignor Giuseppe Baturi» e «grati per l’accoglienza e la solidarietà finora dimostrati da parte della stessa Chiesa e della città di Cagliari».
Padre Vasyl è arrivato a Cagliari un mese fa dall’ovest dell’Ucraina.
«Da subito abbiamo continuato a pregare per il nostro popolo. Quando sono partito la situazione era già molto tesa: sapevamo che c’era il rischio che precipitasse ma avevamo la speranza che si trovasse una soluzione».
Uniti nella sofferenza.
Forte la preoccupazione della comunità e l’impegno per dare ad essa ascolto, conforto.
«La Chiesa è sempre aperta. Si teme non solo per i propri familiari, ma per il futuro del proprio Paese, per le nuove generazioni. L’unica certezza è la preghiera, che ci tiene uniti: siamo un popolo che ha sempre cercato la pace, il dialogo, il superamento delle differenze».
Mariya Makar, originaria di Sosnivka, al confine con la Polonia, vive a Cagliari da circa 14 anni.
«Venivamo ospitati nella chiesa di Sant’Eulalia, poi ci è stato riconosciuto uno spazio dove celebrare nella nostra lingua».
«ciò ha significato molto, siamo grati alla Chiesa di Cagliari che allora come adesso non ci ha mai fatti sentire soli».
In Ucraina ci sono i suoi nipoti, la madre e il fratello: «Lì sono meno ansiosi di noi, reagiscono, continuano a vivere, siamo orgogliosi di loro. Nei momenti più difficili il nostro popolo ha trovato l’unità, superando le divisioni».
Importante il ruolo del volontariato: «nel nostro Paese è nato durante la “rivoluzione della dignità” (il Maidan) e all’inizio della guerra del Donbass.
In un periodo difficile esso ha unito e sostenuto la società: da movimento spontaneo pian piano si è strutturato, creando una rete di organizzazioni pubbliche e gruppi di persone pronte a intervenire nelle emergenze».
Uniti nella sofferenza. Grande la solidarietà dei sardi verso una comunità ben integrata.
«Collaboriamo con tutti coloro che condividono i nostri valori – dice Volodymyr Stepanyuk, rappresentante della comunità ucraina in Sardegna e presidente dell’Organizzazione cittadini immigrati (OCI): la pace, l’integrazione; cerchiamo di farci conoscere attraverso la cultura e altre iniziative».
Circa 6.000 gli ucraini presenti nell’Isola, per la maggior parte donne che lavorano nelle abitazioni private, nell’assistenza familiare.
In alcuni casi «gli stessi ucraini hanno una scarsa conoscenza del proprio Paese, perché da anni viene portata avanti una vera e propria “guerra di propaganda” da parte di molti canali TV russi».
«Contro il rischio della disinformazione i giovani sono avvantaggiati perché sanno informarsi attraverso internet, grazie a cui riescono a trovare fonti più attendibili e ad avere un’idea esatta dell’Ucraina: sono loro il futuro».
Tante le storie di integrazione come quella di Oksana, a Cagliari da 16 anni, dove si è sposata con un sardo; oggi vivono con i loro tre bimbi di 6, 4 anni e il più piccolo di 9 mesi.
«L’integrazione presuppone la conoscenza: importante conoscere chi sei, e per conoscere un popolo bisogna conoscerne la storia».
Maria Chiara Cugusi
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