Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, mentre alcuni n quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
(Mt 3,13-17)
Commento a cura di Rita Lai
Il breve ma intenso tempo di Natale si conclude con la domenica dedicata al battesimo di Gesù, evento che tradizionalmente segna l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo degli uomini. Il suo porsi in fila con i peccatori, che vogliono ricevere il battesimo, viene sempre interpretato come un accogliere fino in fondo la condizione umana, accettandone anche le sfumature più umili e per sé non perfettamente consone alla sua natura divina. In effetti Gesù non aveva nessun bisogno di battesimo di purificazione: come non aveva bisogno neppure della presentazione al tempio come ogni primogenito o della introduzione a 12 anni nel mondo dei fedeli adulti della sua fede ebraica. Sono i gesti che l’umanità assunta dal Figlio di Dio prevede: non sono necessari a Lui, ma alla sua umanità sì. Leggere il battesimo di Gesù solo in questo senso, anche se estremamente significativo, è però riduttivo. Il testo di Matteo, a differenza degli altri due sinottici, sembra indicare una lieve polemica tra Gesù e Giovanni: «Giovanni però voleva impedirglielo», e l’imperfetto del verbo impedire anche in greco è indicativo. La motivazione è «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Giovanni esprime un bisogno, sembra non sia preparato a questa dimensione di Gesù: anche per il Precursore forse l’umanità di Gesù riserva delle sorprese? O più semplicemente egli conosce bene chi è Colui che gli sta dinanzi e non può accettare tutta la portata del gesto? Giovanni doveva aver già dimestichezza con il Cristo, anche se la figura e la vicenda del Battista non sono molto chiare nella narrazione evangelica. Comunque sia, Gesù si reca dalla Galilea al Giordano con la finalità di essere battezzato da Giovanni e questi si oppone apertamente. Ma Gesù gli parla di un adempimento che deve essere fatto ora: c’è una contingenza che va rispettata, «conviene che adempiamo ogni giustizia». Si coglie in queste parole di Gesù una necessità che nasce dall’«ora»: quindi Giovanni ha ragione, per sé il gesto non sarebbe possibile in condizioni normali, ma «ora» è da inserire in un contesto particolare che va rispettato. Il prosieguo del racconto esplicita meglio questa contingenza: al battesimo e all’uscita di Gesù dall’acqua, segue il gesto meraviglioso che spiega la riluttanza di Giovanni e le parole di Gesù: quell’uomo non è un uomo qualunque. Come dice la voce che viene dai cieli, da quello squarcio del cielo che è «per lui», per Gesù: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento». È nientemeno Dio Padre che parla, sottolineato, come in una bellissima piece teatrale, dal volo dello Spirito che sembra (ma non è!) una colomba. Il momento è grandioso: il cielo si apre per lui, per Gesù, ed è lui che vede lo Spirito, ma la voce del Padre è per tutti, perché la persona verbale usata dal Padre qui in Matteo è la terza (mentre in Luca e Marco è la seconda). Quindi non solo Gesù ascolta, ma tutti hanno la conferma da parte del Padre: quest’uomo che si fa battezzare come tutti gli altri, è suo Figlio, l’amato, in cui ha riposto ogni sua compiacenza. Giovanni e tutti gli altri presenti presso il Giordano non possono avere dubbi: ora la riluttanza del Battista e la volontà ferma di Gesù spiegano quell’ora. È l’ora di fare i conti realmente con tutta la portata dell’Incarnazione: cessata la figura del Dio che si fa bambino ed entra in punta di piedi nella storia umana, ora il discepolo è chiamato a fare i conti nella sua vita ordinaria con l’uomo Gesù, il Figlio amato. Niente di più normale, niente di più difficile. Il tempo ordinario che ricomincia mette in luce, se ce ne fosse bisogno, la bellezza di un orizzonte nuovo. L’Emmanuele, il Dio-con-noi, si affianca al nostro cammino e lo illumina con la sua Presenza e la sua Parola. Noi dobbiamo solo imparare a fargli spazio, lui non lo reclamerà mai. Ma se lo lasciamo entrare, lo farà subito.
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