Date a Cesare ciò che è di Cesare

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.

Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».

Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo».

Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?».

Gli risposero: «Di Cesare».

Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»

(Mt 22,15-21)

Commenta il Vangelo della domenica padre Marco Milia, Superiore della comunità dei Saveriani di Cagliari. Grazie a padre Emanuele Ciccia per il servizio reso nello scorso numero.

Commento a cura di Marco Milia

Non smette di stupirci l’insegnamento di Gesù che troviamo in ogni pagina del vangelo, perché mette in discussione il nostro modo di vivere, nella relazione con il nostro prossimo e con Dio. 

Nel Vangelo di questa domenica troviamo la celebre frase «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Una frase geniale perché permette a Gesù di sfuggire alla trappola in cui i farisei e gli erodiani volevano farlo cadere, per poterlo accusare e farlo condannare.

Ma soprattutto una frase che ci interroga e ci chiede di riconoscere in quale relazione stiano la realtà di «Cesare» e la realtà di Dio nella nostra vita.

E non si tratta di una questione marginale perché, nel fondo, c’è in gioco l’uomo, la sua dignità, le sue responsabilità, la sua vocazione, la sua relazione con il creato. 

Poiché l’uomo è un essere sociale, ha bisogno dell’istituzione per favorire la sua interazione con gli altri in modo armonico.

«Cesare» rappresenta, appunto, questa istituzione, che ha come scopo il servizio alle persone, ordinando la società in modo che le persone possano vivere nella logica del bene comune, della libertà e della pace.

Per questo Gesù riconosce la legittimità dell’istituzione umana, ma ne riconosce anche il suo limite invalicabile, che è il potere sulla vita umana. 

Rendere a Dio quello che è di Dio significa, prima di tutto riconoscere che a Dio appartiene la vita. Ogni vita umana è dono di Dio e pertanto è sacra.

All’uomo non è dato nessun potere sulla vita umana se non quello di servirla perché si sviluppi secondo il progetto di Dio.

In fin dei conti questo è il messaggio principale del Vangelo, perché questo è quello che Gesù ha fatto e insegnato: curando i malati, mondando i lebbrosi, liberando gli indemoniati ecc., Gesù ha mostrato che Dio vuole per l’uomo la pienezza di vita: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).

Questa è la missione che Gesù ha affidato ai suoi discepoli, e questa è la missione che la Chiesa continua a svolgere nel mondo.

Portando l’annuncio che in Cristo Dio ha manifestato il suo amore per ogni uomo, soprattutto per i poveri, gli oppressi, emarginati, e scartati nella società, la Chiesa aiuta le persone a riscoprire la propria dignità e la propria libertà come figli di Dio, e in questo modo contribuisce a rendere a Dio ciò che è di Dio: l’uomo.

Tutto questo, però, ha un costo: inimicarsi il «Cesare» di turno.

Aiutare le persone a riscoprirsi figli amati da Dio, e portatori di una dignità che non ammette di essere trattati come oggetti o merce di scambio, incontra l’opposizione di coloro che hanno tutto l’interesse a mantenere le persone nell’ignoranza della propria dignità, dei propri diritti, delle proprie potenzialità.

E questo per motivi politici, economici, o ideologici.

Quanti missionari, sacerdoti e operatori pastorali religiosi o laici hanno pagato a caro prezzo il loro mettersi a fianco degli ultimi della società per difendere la loro dignità umana, e i diritti inalienabili a questa connessi? 

Rendere a Dio ciò che è di Dio, però, interpella anche ciascuno di noi sul modo in cui ci rapportiamo con gli altri, perché solo quando viviamo come fratelli, nel rispetto reciproco e nella pace rendiamo a Dio l’umanità come Lui l’ha creata, ad immagine di sé, comunione di Persone. 

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