Il 18 gennaio inizia la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani
Grati allo Spirito Santo.
«Imparate a fare il bene, cercate la giustizia» (Isaia 1,17).
È questo categorico e improrogabile imperativo del profeta Isaia che le sorelle e i fratelli del Minnesota (USA) propongono alle nostra riflessione per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani.
È una esortazione che noi riceviamo e che bisogna inserire nel suo contesto più generale: Isaia ci presenta una società che sta vivendo un processo di totale disintegrazione che investe ogni aspetto della convivenza civile, dal piano politico al piano religioso.
Il Gruppo di lavoro del Minnesota ha scelto questo testo riflettendo sulla divisione razziale che ancora oggi vive all’interno della sua società.
Nella nostra non viviamo questa tragica e violenta contrapposizione tra bianchi e neri ma il brano scelto ci impone di riflettere e prendere coscienza come anche noi non siamo esenti da concrete esperienze di discriminazione, respingimento, pregiudizio e, purtroppo, violenze verso i più poveri, gli indifesi, i «senza voce» (carcerati, immigrati, ecc.)
Il testo di Isaia (1, 12-18) ci avverte che il culto, la preghiera, non può sostituire i doveri più elementari verso il prossimo, specialmente quando questo è debole e indifeso: sarebbe una «perversione della religione».
Tuttavia il finale del brano (1,18) ci dice anche che Dio nella sua sorprendente e immensa giustizia sa ricomporre una fraternità, un’umanità, che non esclude nessuno, nemmeno la persona più malvagia e sacrilega.
Per la nostra riflessione ritengo importante chiederci: cosa vuol dire «fare il bene»?
Significa «fare cose buone», qualcosa che è buona. Ma, cosa «è buona»?
E ancora: cos’è, quale è, la giustizia che Isaia ci invita a cercare?
Partendo da quest’ultima domanda potremmo scoprire che il concetto biblico della giustizia è molto più complesso e ricco, e comunque molto diverso dal nostro concetto occidentale: non esiste un concetto «secolare» di giustizia ed uno puramente religioso.
La giustizia di Dio si manifesta nel concreto della storia, nella vita sociale, nella quotidianità: è la norma non solo per il rapporto dell’uomo con Dio, ma anche per il rapporto degli uomini tra loro e, ancora, per il rapporto degli uomini con tutto il creato.
La giustizia, il diritto, la rettitudine, sono i tratti che indissolubilmente accompagnano l’agire di Dio e devono diventare elementi costitutivi della condotta dell’uomo: per Jahwèh è essenziale essere giusto e questo significa «prendere le parti» affinché sia resa giustizia.
Egli non deve fare da «arbitro neutrale» tra ricchi e poveri, tra potenti e deboli, secondo una concezione del tipo greco-romana che si pone come neutrale ma che così, spesso, favorisce chi è già potente e può difendersi.
Grati allo Spirito Santo.
Egli deve fare da avvocato difensore e da protettore degli indifesi, affinché non siano sopraffatti e abbiano giustizia.
Sotto questa luce possiamo allora capire anche l’invito pressante di Isaia: «Imparate a fare il bene».
Il termine «bene» ci rimanda alle prime pagine della Bibbia dove nel «racconto della creazione» viene utilizzato per 7 volte sottolineando la bontà e l’armonia con la quale Dio avvolge tutto il creato che poi affida all’umanità perché lo custodisca.
Possiamo dunque leggere in questo senso: imparate ad immergervi in questa armonia primordiale, in questo sogno/progetto che il Creatore ci ha affidato. E nel brano proposto per questo «Ottavario», Isaia ci consegna anche le indicazioni per realizzarlo. Nasce immediatamente una domanda: ma noi di tutto ciò che ci è stato affidato, cosa ne abbiamo fatto? Veramente possiamo dire di essercene presi cura e di averlo custodito? È un interrogativo pressante anche per il cammino ecumenico: dov’è l’armonia della «Comunità» che Gesù ha lasciato e per la quale ha pregato «Padre, che siano una cosa sola, come noi» ?
Ed è un interrogativo che sollecita anche il cammino ecumenico nella diocesi di Cagliari che quest’anno celebra il 25mo anno della sua esperienza.
Dal lontano 24 gennaio 1998 è iniziato questo «cammino insieme» con la prima Celebrazione Ecumenica svoltasi nella Chiesa di Cristo Re.
Possiamo e dobbiamo essere immensamente grati allo Spirito per averci pazientemente guidato e ispirato in questi lunghi anni, chiedendogli ancora di renderci docili strumenti nelle sue mani, attenti alle sue provocazioni e liberi nel cogliere la sua irrefrenabile fantasia.
Grati allo Spirito Santo.
Pino Siddi – Direttore Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo
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