La celebrazione dell’Arcivescovo nella chiesetta di Sant’Efisio
Come ogni anno l’Arcivescovo ha presieduto l’Eucaristia nella memoria liturgica di Sant’Efisio martire, patrono della diocesi.
Quella che viene definita «Sa prima bissida de Sant’Efis», la prima uscita dell’anno, ovvero la processione per le vie di Stampace, segna l’avvio delle attività per il nuovo anno dell’Arciconfraternita del Gonfalone che, come è noto, custodisce il culto del martire guerriero.
Nella sua omelia monsignor Baturi ha ricordato che la processione che ogni anno precede la Messa, rappresenti una testimonianza «nella quale la città vede – ha evidenziato l’Arcivescovo – un gruppo di persone che segue la croce di Cristo e va verso la chiesa, da dove era partito. La cosa importante che dobbiamo comprendere è che la testimonianza coincide con il movimento della nostra persona: camminiamo insieme, abbiamo una meta, con la grande e ci muoviamo in compagnia dei Santi, verso una meta certa».
«Si tratta – ha proseguito Baturi – di testimoniare la vita che ci vede impegnati personalmente, altrimenti rischiamo di lavorare su due piani: ciò che diciamo al mondo senza riuscirlo a testimoniarlo, perché non lo viviamo, e quanto facciamo con questa pratica di attraversamento della città, perché la processione, che è una testimonianza, coincide con il nostro cammino personale che, a sua volta, è chiamato a corrisponde ad una posizione del cuore e della mente, perché pellegrini, perché mendicanti, perché abbiamo bisogno della Grazia».
«Anche oggi – ha proseguito l’Arcivescovo – Sant’Efisio ci fa la grazia di aiutarci a comprendere la natura del nostro essere cristiani: noi siamo “di Cristo”. È questa la testimonianza che possiamo dare al mondo, per il suo bene e per il suo rinnovamento ». Siamo testimoni che la fede in Gesù Cristo riempie di senso la nostra vita, ci rende più umani».
«Talvolta è difficile ma non è mai banale. Ciò che ci fa orrore non è il martirio in sé ma è l’insensatezza, ciò che non ha un valore eterno, perché non ha un senso adeguato».
«La croce che sant’Efisio vive – ha sottolineato Baturi – ha segnato per sempre la sua carne ed è immagine di cosa è chiamato ad essere per noi l’incontro con Cristo. La testimonianza di Cristo coincide con quella della nostra carne».
«Si tratta – ha detto ancora l’Arcivescovo – della nostra immagine nel mondo, del nostro lavoro, delle preoccupazioni che abbiamo per i nostri cari, della paura della morte e della sofferenza. La nostra carne è segnata dall’incontro con Cristo, che riproduce in noi la Sua croce, con la speranza e la certezza della Sua risurrezione».
«Per Sant’Efisio – ha concluso monsignor Baturi – mostrare i segni del martirio significava far vedere la vittoria della luce sul nulla. Chiediamo questa grazia che l’incontro con Cristo non sia qualcosa che accade in parallelo ma che incide profondamente nella nostra vita».
Roberto Comparetti
Il martirio è la vittoria della luce sul nulla.
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