Morire di fame e di freddo tra i boschi dell’Europa

La difficile condizione dei migranti ai confini della Polonia

Ci sono migliaia di persone che vivono in mezzo ai boschi tra la Polonia e la Bielorussia, al freddo e alla fame.

Una tragedia umanitaria, che solo in parte i media italiani raccontano, troppo impegnati a seguire le divisioni tra vaccinati al Covid e non, in un costante delirio da infodemia.

Uomini, donne e soprattutto bambini, per lo più provenienti dal Kurdistan iracheno e dalla Siria, si trovano, loro malgrado, coinvolti in una guerra di nervi tra Unione Europea e Bielorussia, quest’ultima supportata dalla Russia di Putin.

I giochi di potere, le schermaglie tra leader per meri interessi economici, guidano le scelte fatte sulla pelle delle persone.

Nel frattempo l’Europa sta mostrando il lato peggiore: un business miliardario destinato a costruire muri, a stendere chilometri di filo spinato, per cercare di arginare l’arrivo di migliaia di persone in fuga da violenza, fame e povertà. 

Papa Francesco, nel celebrare la quinta Giornata mondiale dei Poveri, ha ricordato che di fronte ai poveri i cristiani organizzano la speranza.

«Non si volti la testa di fronte ai deboli – ha detto – ma si agisca per sollevarli dalla sofferenza, impegnandosi socialmente e politicamente».

Queste le parole pronunciate domenica scorsa, che stridono tremendamente con la cronaca, fatta di morti nel Mediterraneo, di violenze e soprusi in Libia e in altri Paesi del Magreb.

Lo scorso 12 novembre Francesco dalla Porziuncola, ad Assisi, ha denunciato  i tanti mali che affliggono i più deboli: le donne trattate come merce di scambio, i bambini schiavi, affamati, sballottati nei naufragi, le famiglie che soffrono disuguaglianze sociali, i disoccupati, le vittime dell’ipocrisia di chi pensa solo ad arricchirsi. 

Il Papa ha chiesto al mondo di agire per «riparare» la vita di migliaia di persone che, in un’epoca di divisione e disperazione, si trovano a lottare contro diverse forme di povertà.

Sulla triste vicenda che si sta consumando ai confini dell’Europa, si è pronunciato anche monsignor Gintaras Linas Grušas, arcivescovo di Vilnius e nuovo presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa.

«Non sono solo migranti e rifugiati – ha dichiarato – ma persone che vengono utilizzate da un regime governativo. Trafficate per scopi politici e usati come scudi umani nel tentativo di ottenere guadagni politici e destabilizzare la situazione al confine dell’Unione Europea».

«Questa azione – ha proseguito Grušas – è chiamata “attacco ibrido”, perché utilizza armi non tradizionali, come  il traffico di persone, la disinformazione e altri mezzi, per attaccare l’integrità dei confini di altri paesi».

«Si tratta – ha aggiunto il presule – di una nuova forma di tratta di esseri umani, utilizzata non per profitto finanziario personale, ma per guadagni politici, nel tentativo di preservare un regime autoritario».

La situazione al confine tra Polonia e Bielorussia è difficile: i pochi giornalisti presenti hanno raccontato di violenze inaudite sulle persone, bambini compresi.

Anzi in alcuni casi proprio i più piccoli sono quelli ad aver subito la peggiore sorte: morti di fame e di freddo, oltre una ventina finora i casi registrati.

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha sottolineato come l’Italia continui a salvare vite in mare ma l’Europa dovrebbe impegnarsi di più: alle parole seguano però i fatti.

Roberto Comparetti

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