II Domenica del Tempo di Avvento (Anno C)
Dal Vangelo secondo Luca
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Commento a cura di Diego Zanda
Stupisce la completezza del contesto storico che fa da introduzione al Vangelo di questa seconda domenica di Avvento.
Luca non lesina alcun particolare: ogni autorità del tempo di Gesù viene menzionata, l’imperatore, i governatori di ogni regione della Palestina, perfino i sommi sacerdoti, che, significativamente, vengono citati accanto alle istituzioni di potere.
Eppure la Parola non si posa su alcun potente del tempo, su nessuna autorità di ordine e grado, ma su un profeta insignificante che predica nel deserto.
Il senso di questa contrapposizione è di una portata rivoluzionaria, tipica del metodo di Dio in tutta la Scrittura: Dio non parla nei proclami e nella maestosità dei palazzi, ma nel silenzio e nella solitudine del deserto.
Dio non parla per bocca di grandi personaggi, ma per bocca di un uomo che è nulla rispetto alla lunga lista dei «big» stilata da Luca.
Questo ci dice una prima cosa: siamo spesso portati a pensare che si faccia esperienza di Dio nelle grandi cose, nei grandi eventi, in situazioni straordinarie in cui Dio si rivela in modo imponente e miracoloso; ù
La Parola di Dio, invece, si nasconde nelle piccole cose della nostra vita, in quelle cose che spesso sottovalutiamo o disprezziamo perché ordinarie, perché «normali», perché noiosamente quotidiane.
La Parola di Dio ci raggiunge nel «deserto» della nostra vita concreta, perché possiamo essere in grado di darne una lettura autentica e di saperla vivere in pienezza, secondo il disegno che Dio ha pensato per noi.
Per ascoltare questa Parola c’è bisogno di una «conversione». In greco questa parola indica letteralmente un «cambio di mentalità».
Convertirci significa iniziare a cambiare pensiero rispetto alle cose di Dio, significa iniziare a comprendere che lo straordinario della nostra vita è quell’ordinario che spesso ci va stretto: lì si fa esperienza della salvezza di Dio.
L’esortazione del Battista si pone a riguardo come monito: siamo chiamati a convertire il nostro cuore affinché diventiamo in grado di accogliere il Signore.
La sua venuta compirà l’opera di Dio: Egli sarà colui che riempirà ogni burrone, ogni vuoto della nostra esistenza.
Egli sarà colui che appianerà ogni monte, ogni colle, ogni ostacolo, ogni difficoltà che a noi sembra insormontabile.
Egli è colui che spianerà quelle vie tortuose e ambigue in cui ostinatamente ci avviluppiamo.
A noi però spetta un compito altrettanto importante: preparare la via al Signore che viene.
Questo è il secondo aspetto del Vangelo di questa domenica: la conversione, il cambio di mentalità che ci viene richiesto, è comprendere che non è soltanto Cristo colui che ci viene incontro, ma che anche noi andiamo incontro a Lui.
Ogni giorno della nostra vita è da comprendersi allora come una tappa che ci avvicina al Signore che viene.
Per questo devo muovermi; per questo devo camminare; per questo non è sufficiente stare fermo ad aspettare «la grazia dal cielo».
Per muovermi incontro, però, devo desiderare ciò che attendo. Pensiamo al tradizionale «S’incontru» che facciamo a Pasqua nei nostri paesi: la gioia della salvezza è l’incontro di due persone che corrono l’uno verso l’altra.
Ciò che ci porta ad andare verso l’altro è il desiderio dell’altro: solo se lo desidero lo posso attendere; solo se lo desidero posso andargli incontro.
Attesa e desiderio: sono queste le due parole dell’Avvento, che trovano il loro senso solo se vissute insieme.
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